Cronaca di una partita un po’ surreale decisa in modo rocambolesco dall’ex di giornata.

Nella sera in cui il Nizza si qualifica ai playoff di Champions League battendo all’ultimo turno di Ligue 1 il Brest, per 6-0 in casa, all’Allianz Rivera, e potenziando un’utilissima differenza reti di +25 – anche il Lilla ha 60 punti, ma con una differenza reti peggiore (+16) che lo piazza sesto in Ligue 1 – e nella sera in cui il Crystal Palace ha da poche ore battuto il Manchester City di Pep Guardiola in finale di FA Cup, con gol di Eberechi Eze, vincendo così il primo trofeo nei suoi centovent’anni di storia –, Patrick Vieira stava allenando il Genoa in una partita un po’ surreale. Le sue due ex squadre stavano festeggiando e la sua attuale, i rossoblù, aveva la festa già pronta. Non tanto la propria, per quanto il mantenimento della Serie A sia un successo, quanto piuttosto il “funerale” dei concittadini della Sampdoria che per la prima volta in 79 anni di storia sono retrocessi dalla Serie B alla Serie C, dove al netto di recentissimi sconvolgimenti legati alla possibile penalizzazione del Brescia potrebbero debuttare l’anno prossimo.
Così, nel Genoa-Atalanta 2-3 di sabato 17 maggio 2025 in cui quasi il campo passa in secondo piano, ci sono diverse somiglianze con lo scorso “funerale” blucerchiato, poco meno di tre anni prima, in un Genoa-Bari 4-3 che coincideva con l’ultima partita in Serie B del Grifone e l’ultima partita col Grifone del capitano Domenico “Mimmo” Criscito. Pure allora, la sera di venerdì 19 maggio 2023, si era fatto il “funerale” alla Sampdoria, sicché il Genoa come detto aveva conquistato la Serie A e la Sampdoria l’aveva contemporaneamente persa, retrocedendo in Serie B. Ora, coi blucerchiati in Serie C, si stava consumando il remake di una storia già vista. Come nel 2023 c’era stato l’addio (al calcio) di Criscito, nel 2025 c’è l’addio (al Genoa) del capitano, Milan Badelj, che venerdì 16 maggio ha scritto e affidato a Instagram una lunga lettera in cui ringrazia il Genoa – «Ci siamo dati il tempo per conoscerci, ci siamo visti nei momenti belli così come nei momenti brutti. La mia impressione è che ci siamo voluti bene, sempre» – e Genova, «perché alla fine sono i ricordi che ci legano e di ricordi ne abbiamo tanti. Uno di la partita in casa contro l’Ascoli, quando mio figlio era in tribuna e mia moglie all’Ospedale Gaslini con mia figlia. È andata bene». Per salutare Badelj e chiudere il cerchio, peraltro, Criscito era al Ferraris.
Con oltre trentamila tifosi al Ferraris, diverse migliaia dei quali si sono riversati per le vie del centro a fine partita, in un corteo partito dalla Gradinata Nord del Luigi Ferraris e concluso alla centralissima Piazza De Ferrari, probabilmente oltre le due di note, è stata una serata da brividi. La sensazione è che di Genoa-Atalanta importasse il necessario, mentre il “funerale” dei cugini, festa alla quale nel 2023 si era unito il Bari (la cui tifoseria è gemellata con la Sampdoria), che comunque aveva giocato un’ottima partita e confermato la grande stagione di Serie B conclusa al terzo posto, e alla quale nel 2025 hanno partecipato gli ex Gian Piero Gasperini e Mateo Retegui, era l’appuntamento da non perdere. Il primo è l’allenatore della squadra di Milito e Thiago Motta, il tecnico che dal luglio 2006 al novembre 2010 e dal settembre 2013 al giugno 2026 si è seduto 297 volte sulla panchina del club più antico d’Italia. Quanto al secondo, Retegui, è l’attaccante della Nazionale italiana nato in Argentina nonché capocannoniere della Serie A 2024/25, al quale è bastata una sola stagione al Genoa – la scorsa, 7 gol in campionato e 2 in Coppa Italia – per essere ceduto all’Atalanta con una plusvalenza di oltre cinque milioni di euro.
Mateo Retegui ha segnato, contro il Genoa e nel suo ex stadio, perdipiù a un minuto dalla fine, il gol del definitivo 2-3. Non ha esultato, ha posto le mani giunte quasi a scusarsi coi suoi ex tifosi e abbozzato il saluto militare quasi a voler indicare allo spicchio di tifosi atalantini presenti a Genova: «Ho fatto il mio lavoro (segnato il mio venticinquesimo gol, uno in più di Filippo Inzaghi nel ‘96/97, diventando il miglior marcatore dell’Atalanta in una stagione di Serie A)». Il punto, però, è che Retegui ha segnato – un bel gol, tra l’altro: una sforbiciata al volo che ha toccato il palo interno, su cross dalla destra di Charles De Ketelaere – mentre il difensore genoano De Winter era rimasto a terra, lasciando lo spazio al belga ex Milan di proseguire. Il Genoa, che era stato per due volte in vantaggio col nono e decimo gol stagionale di Andrea Pinamonti, curiosamente di testa su assist del terzino sinistro (Martín) e di sinistro su assist di quello destro (Sabelli), ha perso così, a un minuto dalla fine, l’ultima gara casalinga della stagione.
La partita era iniziata con una buona occasione dell’Atalanta, con un tiro quasi da biliardo di Daniel Maldini uscito di poco alla sinistra di Leali e la solita sciarpata al minuto 12 della Gradinata Nord al suon di «Genova siamo noi». Mentre Retegui aveva avuto un’occasione, rasoterra, e sembrava che dei tre centrocampisti rossoblù Badelj e Frendrup agissero più bassi con Masini leggermente avanzato (il 4-2-3-1 era realtà, pur con le indisponibilità di Miretti, Cornet e Malinovskyi e Messias in panchina). Si è giocato a ritmi importanti, per essere una partita in cui nessuna delle due squadre avesse particolari esigenze – il Genoa come detto era già aritmeticamente salvo e l’Atalanta era già aritmeticamente qualificata alla sua quinta Champions League negli ultimi sette anni –, per cui si poteva scorgere nei gesti tecnici un’importanza divresa . Una chiusura in tackle di Bani. Uno scatto di Vitinha sulla corsia opposta (la destra) a quella che occupa in campo (la sinistra). Una bell’azione del Genoa al 20′ con Pinamonti al centro e Vitinha, stavolta a sinistra, che calcia addosso a un avversario. Tutti sprazzi di bel calcio in una partita in cui l’ambiente prendeva il sopravvento. Un corner battuto da Martin su cui Badelj allunga a destra per Vitinha – che ci faceva Vitinha lì? –, dunque, cross e rovesciata tentata da Pinamonti. L’esecuzione è più bella concettualmente che fattualmente, ma basta per animare la partita. Una progressione di Norton-Cuffy che corre, tenta un dribbling e il cross, infine guadagna un corner, stavolta da destra. Un pallone perso dal Genoa e la riaggressione feroce, pronta e vincente dell’Atalanta. Non una novità: Gasperini la attuava anche col Genoa dieci anni fa, no? Ancora, un gran recupero, provvidenziale, di uno degli uomini chiave del Genoa in questa stagione: il difensore Johan “Pipe” Vásquez, tre gol quest’anno in campionato che però poco dopo uscirà infortunato dal campo.
Al Genoa, Gasperini giocò una stagione dell’Europa League, l’ex Coppa UEFA (nel 2009/10) e un’altra, dieci anni fa esatti, nel 2014/15, fu tolta dalla mancata licenza UEFA. Come ha ricordato in conferenza stampa Gasperini, a dieci anni dal 17 maggio 2015, il suo Genoa avesse battuto per 1-4 l’Atalanta in trasferta con una gran doppietta di Iago Falqué e i ruoli si siano ribaltati rispetto all’exploit della sua successiva attuale avventura a Bergamo, «quando sono venuto via da Genova, pensavo fosse molto difficile trovare un ambiente che potesse darmi le stesse soddisfazioni. Qui siamo arrivati in Europa un paio di volte, una volta non l’abbiamo potuta giocare, una volta (Intertoto, nel 2008, eravamo in Serie B) non l’abbiamo voluta giocare. A volte penso se anche a Genova fossimo riusciti a dare continuità ai risultati… però sono veramente grato sia al Genoa che soprattutto all’Atalanta. Quello che è successo a Bergamo è qualcosa di indissolubile. Non so se sia possibile avere due amori, però…». In virtù del suo passato genoano, gli è stato chiesto della Sampdoria in C: «Mi dispiace fortemente per il calcio, perché è uno dei migliori derby al mondo. Il derby a Genova è un evento fantastico da vivere perché è un premio per tutta la città. Il fatto che venga a mancare mi dispiace. Quando lo perdi sei un disperato, quando lo vinci ti dà una gioia pazzesca». Nel bilanci di Gasperini c’è questo e altro: «Era impossibile arrivare secondi o quarti. Domenica chiudiamo la stagione e recentemente siamo stati protagonisti in Europa. Abbiamo giocato con Real Madrid, Barcellona e Arsenal, portato in Europa l’Atalanta, centrato questo traguardo che non era il traguardo normale. Dietro di noi ci sono squadre con mega stadi e mega pubblico che per arrivare nella posizione dove stiamo noi farebbero di tutto. Quello che è riuscito a fare questo gruppo è più sentito dell’arroganza di certe persone che lo danno per scontato».
A prescindere dalla nostalgia per quanto del Genoa di Perotti e Falqué ci possa essere nell’Atalanta di Lookman e Retegui, Daniel Maldini al 35’ ha sprecato una nuova, enorme occasione: a tu per tu con Leali, ha aperto il piatto destro a giro, ma calciato incredibilmente fuori. Al che, mentre la Gradinata Nord – che prima del fischio d’inizio aveva esposto in Nord il colossale “Manfredi e Radrizzani, grazie” – cantava “Manfredi uno di noi” a ironizzare sulla retrocessione in C della Sampdoria, al 37’ il Genoa è passato in vantaggio con Pinamonti, come detto su assist (il settimo stagionale) del miglior assistman rossoblù, Aarón Martín. Gol sbagliato, gol subito. Con una buona occasione per Vitinha al 42’ e un gol annullato al 44’ a Mattia Bani, che su sponda di De Winter era intervenuto – con un tocco di mano rinvenuto dal Var – deviando il pallone in porta. L’arbitro genovese Davide Ghersini, ed è la prima volta in cui il Genoa in Serie A è diretto da un fischietto genovese – il vincolo territoriale è stato abolito nel 2023 –, annulla. Due minuti di recupero e il Genoa chiude il primo tempo in vantaggio, per 1-0.
Nell’intervallo, se non altro, c’è tempo per soffermarsi sulla creatività di cori – «Serie C, Serie C», canta la Sud – e striscioni – «Tuo nonno genoano, tuo figlio pure», oppure «Evanish, e la Samp svanisce», col sottile riferimento alla marca di detersivi per bucato – del Luigi Ferraris. In onore di Bruno Lauzi, si nota un «Ma se ghe pensu» seguito da «che vedo o Bra», alquanto comico. Così, nei quindici minuti tra i due tempi che scorrono rapidamente, si comunicano i dati sull’affluenza stagionale al Ferraris (oltre mezzo milione di persone, per la precisione 593.514) e la passerella delle ragazze del Genoa Women che per la prima volta quest’anno sono promosse in Serie A e premiate dall’a.d. Blázquez e il presidente Dan Șucu. Il clima cambia improvvisamente a inizio del secondo tempo, quando in Nord appare uno striscione crudo ma fermo: «Per voi sarà sempre odio eterno… U.C. Sampdoria marcisci all’inferno».
Alla ripresa, l’Atalanta attacca da sinistra verso destra. Retegui è un ariete, Palestra sforna almeno due cross degni di nota e l’ex cagliaritano Sulemana segna con un gran tiro il suo secondo gol consecutivo dopo quello realizzato appena cinque giorni prima alla Roma. C’è tempo per una bell’azione di Lazar Samardžić, talento cristallino, un cross di Norton-Cuffy non trova deviazioni sottoporta ma guadagna un corner dalla sinistra e poco dopo lui – un’ala destra, formalmente – finisce in basso a sinistra del campo – tutto è relativo – e rimpalla un tiro di Mateo Retegui. Giù applausi. Al 13’ c’è Pinamonti che si aggiusta un pallone recuperato con rabbia, saltato De Roon, e lo calcia in porta trovando il raddoppio. Passano però cinque minuti ed è Daniel Maldini a pareggiare, finalizzando un’azione corale. Ormai lo spettacolo è anche in campo: solo Bani disinnesca un passaggio di Maldini per Retegui, Gasperini ne cambia tre di colpo (entrano Pasalic, De Ketelaere e l’ex Davide Zappacosta) e sarà la mossa decisiva, per il già citato affondo del belga. Vieira aveva iniziato la gara con Norton Cuffy-Pinamonti-Vitinha e la conclude con Zanoli-Ekuban-Thorsby. Il norvegese manca l’avvitamento su cross di Norton-Cuffy, poi Ekuban proverà a coordinarsi al limite dell’area avversaria salvo però incespicare e guardare il pallone finirgli su un braccio. L’Atalanta, che aveva già trovato il gol con Retegui, tiene il campo e non entra Roberto Scaglione, trequartista nato il 4 gennaio 2010 che sarebbe diventato il più giovane debuttante nella storia del calcio italiano, a soli quindici anni, se solo fosse entrato in campo. Pazienza.
«Ciao Sampdoria, ciao Sampdoria, ciao Sampdoria, ciao», era il leitmotiv della Gradinata Nord, a suon di momenti anche piuttosto macabri, come l’accensione di torce a formare due croci o l’«Habemus retrocessionem» comparso si legge in Gradinada Sud. Ho sentito dire a un collega giornalista alla mia destra un commento solerte: «A loro non frega un c*zzo della partita, possono anche prendere 6-1. È la loro festa oggi». Poco dopo, probabilmente, azzecca le parole che avrei voluto trovare io: «Il loro sogno più oscuro si è avverato». I cori erano diventati un’«Ora pro nobis» liturgico, mischiato alla melodia di «E non c’è più / e la Sampdoria non c’è più» e al ritmo di Take Me Home, Country Roads, il pezzo del 1971 di Bill Danoff, Taffy Nivert e John Denver. Il confine tra il goliardico e il macabro si mescola infinitesimamente, s’intreccia con gli sfottò e ne esce addirittura potenziato. La Samp vantava il non essere mai stata in Serie C, adesso non è più un primato valido e i genoani lo sanno: «Una produzione della BBC», espongono, un chiaro riferimento ai due anni di Serie B e almeno uno di C che toccherà ai concittadini. «Volevamo finire con una vittoria in casa davanti ai tifosi perché lo meritano, ma abbiamo fatto una bella partita. Abbiamo giocato con personalità, è così che si va avanti», dirà Vieira: «Badelj fa parte dei signori del calcio. È stato un piacere lavorare assieme. Meritava questa uscita». E infine, immancabile, un commento neutro sul tema del giorno: «Come uomo di sport, mi dispiace soprattutto per il derby, come quelli di Torino, Roma e Milano. Sono un po’ dispiaciuto. Dopo la realtà è che vincere una partita e arrivare agli obiettivi, siano Serie A o Serie B, è sempre difficile». Giù il sipario.

Se chiudo gli occhi, mi vengono in mente decine di bare blucerchiate, una scritta enorme in Gradinata Nord – «Manfredi e Radrizzani, grazie» – e una “C” ugualmente vistosa nei distinti: «È finita un’altra Bella stagione…. dal sogno promozione all’umiliante retroCessione». Leggo «Forever Niang», omaggio chiaramente agli Alphaville, croci gonfiabili, una serata iniziata con la solita colonna sonora a base di Bresh (La tana del granchio e due volte Guasto d’Amore, prima e dopo la partita) e Alfa (A me mi piace, l’ultimo pezzo in collaborazione con Manu Chao) ma ancor più indelebilmente segnata da Bellissima di Annalisa, rispolverato per l’occasione trattandosi di un brano del 2023 su cui intelligentemente il Genoa aveva creato una campagna abbonamenti. A proposito di Bresh, è stato premiato prima del fischio d’inizio assieme a Luca Carosio per i cinque dischi di platino di Guasto d’Amore, e il rapper non ha mancato di rincarare la dose: «Nessuno dei due avrebbe pensato che questa canzone sarebbe uscita in questa maniera. Più che essere ringraziato, io vorrei ringraziare», e ovviamente una battuta sulla Sampdoria. Pure Bresh era qui nel 2023, per la prima esibizione al Ferraris di Guasto d’Amore: sì, era proprio il prepartita di Genoa-Bari 4-3, quello che precedette il “funerale” della Sampdoria. D’altro canto, il Genoa dopo quell’unica stagione di Serie B – la 2022/23, “only one year” ne era stato il motto – era prontamente tornato in Serie A, la Sampdoria evidentemente no.
Solo una cosa, probabilmente, non riesco a spiegarmi. Ho cercato da più parti l’origine dell’usanza del “funerale”. Ha scritto Primocanale che «è un’usanza antica, inizialmente accantonata dai sampdoriani nel 2003 e nel 2005 per le due cadute in C del Genoa, poi ripresa dai tifosi rossoblù e rilegittimata nel 2011. Nel 2022, dopo Sampdoria-Fiorentina, un nuovo funerale targato Samp aveva salutato il Genoa che retrocedeva. Nel 2025 i tifosi genoani festeggiano, a loro volta, la retrocessione dei blucerchiati», ma non mi torna molto. Due anni fa vedevo cammelli e sceicchi, cosplayer della reale o fittizia che fosse trattativa per l’acquisizione dei blucerchiati da parte dello sceicco Faleh Khalid Al Thani. Oggi vedo falsi sacerdoti, dinosauri. Chiudo gli occhi e ho come screensaver mentale il gigantesco “ciao” comparso in Gradinata Nord su sfondo blu, ineluttabile quanto semplice saluto, un addio mascherato. Seguendo il corteo, prima dei fuochi d’artificio, sublimazione dell’odio dei genoani per i sampdoriani, mi ha colpito un «Cordiali sAluti» in cui la C era dipinta di blucerchiato e la A di rossoblù. Ho cercato a quasi ogni costo quello scatto, l’ho trovato, salvo rendermi conto che forse non aveva un valore pari a quello che sarei stato disposto ad attribuirgli. Mi spiego, è stata una bella serata con un bel “funerale”, se si può dire. Eppure, mi lascia una sensazione agrodolce che non riesco pienamente a spiegarmi.
Ecco di seguito il tabellino della partita:
Genoa (4-2-3-1): Leali; Sabelli (dal 66’ Zanoli), Bani, Vásquez (dal 35’ De Winter), Martin; Masini, Badelj (dal 66’ Onana), Frendrup; Norton-Cuffy, Pinamonti (dal 77’ Ekuban), Vitinha (dal 77’ Thorsby). All: Vieira. A disp: Siegrist, Sommariva, Otoa, Kassa, Scaglione, Messias, Venturino, Ekhator.
Atalanta (3-4-2-1): Patrício; Kossonou, Hien, De Room; Palestra (dal 74’ Zappacosta), Sulemana (dall’81’ Éderson), Brescianini (dal 74’ Pasalic), Ruggeri (dal 56’ Bellanova); Maldini (dal 74’ De Ketelaere), Samardžić; Retegui. All: Gasperini. A disp: Carnesecchi, Rossi, Comi, Del Lungo, Riccio, Vavassori, Lookman.
Reti: 37’ e 58’ Pinamonti, 47’ Sulemana, 63’ Maldini, 89’ Retegui. Ammoniti: zero. Arbitro: Ghersini