Sokratis Papastathopoulos, l’oplita di Emery

Papastathopoulos

“Qualunque sia l’obiettivo, grande o piccolo che sia, questo è sempre importante per la storia del nostro paese ed il valore della nostra squadraIl nostro obiettivo deve essere semplicemente dare tutto quello che possiamo fino alla fine; e qualunque sia quello che otterremo, noi dobbiamo esser sicuri di combattere come solo i greci sanno fare”.

Quando Sokratis Papastathopoulos scrisse queste righe, su Facebook dopo che la Grecia era naufragata al Maksimir di Zagabria nell’andata dei playoff contro la Croazia, per accedere a Russia 2018, era chiaro come l’impresa che avrebbe atteso το πειρατικό ad Atene fosse disperata. Il soprannome dato nel 2004 alla nazionale campionessa d’Europa, l’appellativo di “nave pirata” (questa la traduzione), rendeva però estremamente chiara la volontà di provarci.

Nato nel 1988 come Mitroglou, oggi Sokratis 28 anni ed è il leader carismatico del gruppo ellenico che dopo i fasti di inizio secolo, col tedesco Otto Rehhagel in panchina, non s’è più ripetuto. L’esigenza di sfogare le problematiche sociali nel calcio, in un paese dilaniato dalla morsa stressante della crisi economica, è però ben forte: il concetto di essere un greco va ben oltre l’appartenenza al club, ed è per questo motivo che Sokratis si sentì in dovere, anzi in diritto, di alzare la voce per chiamare i compagni a dare di più. Che poi a Il Pireo il ritorno sia finito a reti bianche e la Grecia uscita conseguentemente dal Mondiale, dunque costretta a vedere da casa la kermesse con però la Croazia in finale (magra consolazione), ne è stata la conseguenza più chiara.

Il punto, semmai, è che la maturazione anche caratteriale di Sokratis ha vissuto negli ultimi anni un deciso picco verticale. Figlio di Charalambos Papastathopoulos, Σωκράτης Παπασταθόπουλος sulla carta d’identità (pure se per sua stessa ammissione preferisce farsi chiamare semplicemente “Papa“), il difensore ellenico nato a Calamata è uno dei volti transitati per la Bundesliga in punta di piedi e ora partiti in direzione Londra con un eco mediatico certamente minore di quanto meritato. Anzi, pare che l’unico a celebrare l’ennesimo step further di Sokratis sia stato l’eroe nazionale greco Angelos Charisteas, l’uomo che il 9 luglio 2004 decise la finale dell’Europeo contro il Portogallo sancendo il primo e unico trionfo calcistico nella storia ellenica: una Instagram story in cui si vede Papastathopoulos vestito da oplita, con tanto di simbolo dell’Arsenal al petto, chiara celebrazione di uno dei calciatori più talentuosi usciti dalle scuole calcio elleniche e in particolar modo da Calamata, 54mila abitanti sulla costa sud-ovest del Peloponneso, già territorio decantato da Omero e città natale di Nikos Liberopoulos.

Così Sokratis approda alla corte di Unai Emery, terzo acquisto (dopo Leno e Lichtsteiner) del mister spagnolo chiamato a sostituire Arsène Wenger: coi 20 milioni versati sul conto del Borussia Dortmund, i Gunners hanno blindato la difesa con un tocco di grecità in più (a gennaio Wenger aveva acquistato dal PAS Giannina il promettente centrale difensivo Kostantinos Mavropanos, che evidentemente avrà un connazionale a facilitargli la crescita).

A 30 anni, Sokratis arriva nella zona settentrionale di Londra con un bagaglio d’esperienza sufficiente per non temere minimamente l’impatto con la Premier League: le 79 presenze con la nazionale ellenica costituiscono un biglietto da visita d’eccezione, per uno che dal 2013 passò dal Werder Brema al BVB e sperimentò il calore della Südtribüne al suo fianco. Dopo anni in Italia da leader (Genoa) e comprimario (Milan), ecco il grande salto. C’era anche il Manchester United, con cui il Borussia Dortmund ha ottimi rapporti (si veda l’affare Kagawa, ndr) – aveva rivelato Charalambos Papastathopoulos, che oltre a fare da parte è anche l’agente di Sokratis – ma lui tra i due club ha scelto l’Arsenal“.

 

 

Dopo aver salutato il 2017 con la vittoria in DFB-Pokal il 27 maggio all’Olympiastadion di Berlino, contro l’Eintrach Francoforte, Sokratis ora è chiamato a fare quello che gli piace più di ogni altra cosa in Inghilterra: I’m a normal defender who likes to defend – ha raccontato alla presentazione – I like that my team doesn’t [concede] goals and I like the zero in the defence of course. I will do everything to help achieve these goals”. Thomas Tuchel, al BVB, pare fosse rimasto impressionato dall’ossessione difensiva di Papastathopoulos, tanto che proprio per la sua grande dedizione scelse di premiarlo col ruolo di vice-capitano (lo era già in nazionale greca) : “I think this is leadership, but the leader has to be first on the pitch and last off it too, ha invece minimizzato Sokratis, denotando umiltà a non finire. Avrebbe raccontato di aver mantenuto una forte amicizia con Aubameyang e Mkhitaryan, visto che loro due avevano messo piede a Dortmund nello stesso anno (2013) di Sokratis.

Papastathopoulos non ha certamente lasciato il Borussia e il Signal Iduna Park per divergenze con la società, litigi coi compagni o per uno stipendio più remunerante. Semplicemente voleva un nuovo stimolo, che s’è palesato sotto forma di Arsenal, dunque s’è messo tranquillamente al tavolo con la società e con calma ha raggiunto l’accordo. Senza forzare la mano, senza impuntarsi o assentarsi dagli allenamenti come fece Mahrez con Leicester a gennaio: a lui servivano nuovi stimoli, come detto, mentre ai Gunners serviva un leader in grado di far pesare meno l’assenza del santone Wenger nello spogliatoio. Così ecco l’amalgamante Papastathopoulos, segreto di Unai Emery per tappare le falle difensive della sua squadra cominciando da Koscielny che starà fuori fino a gennaio a causa di problemi al tendine d’Achille.

Da leader, anzi Κολοσσός, colosso, come il sito della Bundesliga l’ha salutato una volta appresa l’ufficialità del suo trasferimento, Sokratis si metterà a disposizione del nuovo club. Era arrivato alla vigilia della finale di Champions 2013, quella persa dal BVB per mano del Bayern, pagato 9,5 milioni e riserva della rodata coppia Subotic-Hummels. Ora parte da titolare indiscusso, visto che nell’ultima annata ha giocato ben 39 gare su 43 totali. E poi certamente la militanza in più leghe lo ha aiutato a internazionalizzare la sua capacità di dirigere il reparto: Werder Brema, Milan, Genoa, certo, ma gli inizi di Sokratis furono in patria, con la maglia dell’AEK.

Qui fu istruito da Traianos Dellas, ex Roma che in Italia non fece faville ma a livello internazionale aiutò la Grecia a oltrepassare l’ostacolo francese a Euro 2004 (con una zuccata nell’extratime). Nei gialloneri, Papastathopoulos a 19 anni aveva la fascia da capitano al braccio. Il più giovane di sempre ad averla indossata, nell’AEK, così come certamente fu la diretta conseguenza vederlo eletto miglior giovane della Souper Ligka Ellada, nel 2008. Nel 2010 ecco il trasferimento al Milan con Alessandro Nesta a fargli da cicerone, poi il prosieguo della crescita Sokratis l’ha vissuto da solo.

In Germania pare che i magazzinieri del Borussia Dortmund si fossero rifiutati di stampargli le 16 lettere del cognome, così come pure lo speaker del Signal Iduna Park pare avesse qualche ritrosia nel pronunciare più volte il cognome “Papastasthopoulos”, dunque ecco che il greco scese a compromessi. Sulla maglia mise il nome, Sokratis, e allo speaker concedette di chiamarlo “Papa”, cosicché il pubblico, anch’esso intimorito dalla pronuncia, rispondesse a gran voce “Sokratis”.

Diverso è in Grecia, dove nel Mondale 2014 il difensore dovette rinviare le nozze per “colpa” del miglior risultato ellenico nella storia calcistica: gli ottavi di un campionato del mondo. E nel recupero del secondo tempo, contro la Costa Rica, fu proprio un colpo di testa di Sokratis a prolungare l’avventura greca ai supplementari. L’errore di Gekas dal dischetto lo ricordano ancora oggi, perché Navas divenne l’eroe della serata e Los Ticos approdarono ai quarti pur essendo in dieci. Ma Papastathopoulos, per quel gol, lo amano ancora. Sempre di più.