Dietro le quinte di Genoa-Torino 1-0

Sono serviti 187 giorni al Genoa per trovare la seconda vittoria in questo campionato. La prima stagionale in casa, alla trentesima giornata di campionato. A rendere ulteriormente l’idea, due dati. Prima di venerdì sera, gli ultimi tre punti rossoblù risalivano a domenica 12 settembre 2021, in trasferta a Cagliari: finì 2-3, doppietta decisiva di Mohamed Fares che oggi non figura più neppure in rosa – è stato ceduto proprio al Torino, dove però ha subito la rottura del legamento crociato. E ancora. Dall’ultima vittoria in casa sono passati 328 giorni, era il 24 aprile 2021, un 2-0 sullo Spezia con reti di due attaccanti ceduti l’estate scorsa, Gianluca Scamacca ed Eldor Shomurodov. In panchina – sia contro lo Spezia che contro il Cagliari a settembre – c’era Davide Ballardini. Esonerato il 6 novembre per far posto ad Andriy Shevchenko, 11 partite, una sola vittoria – in Coppa Italia, sulla Salernitana il 14 dicembre scorso, in gol Caleb Ekuban – e tante sconfitte in campionato. Dove il Genoa non ha mai vinto, con l’ucraino in panchina: tre punti in 9 partite.

Così a gennaio, incassata la rinuncia di Bruno Labbadia e accantonato il possibile ritorno di Rolando Maran, si è accasato Alexander Blessin, un 48enne tedesco che l’anno precedente ha portato l’Oostende al quinto posto nel campionato belga, sfiorando i playoff di Conference League e venendo pertanto premiato come Allenatore dell’anno. Sorpresa. Blessin eredita un Genoa in confusione e si presenta il 22 gennaio con un pari a reti bianche, contro l’Udinese, in casa, al termine del quale si reca dalla famiglia – moglie e due figlie – con una rosa. Romanticismo. E il pari non è male, per una squadra reduce da una sconfitta per 6-0 a Firenze. Blessin è un motivatore, sa quali corde toccare. A partire dalla sua presentazione su Instagram: «This is your club and I thank you all for giving me a warm welcome into your family. I will to do everything I can with my team to bring back the good times». Scherza coi giocatori, il buonumore è la sua arma più contagiosa. Pure in conferenza stampa, col collaboratore e traduttore Massimo Mariotti. Un uragano di novità colpisce Genova.

Spors, 777 e la rivoluzione rossoblù

Uno si chiama Johannes Spors, l’altro Sebastian Arenz. Il primo entra in carica il 9 dicembre e il giorno dopo, quando il Genoa perde 1-3 in casa il derby con la Sampdoria, Josh Wander tiene a parlare alla stampa: «Siamo delusi per il derby. Lo so che suona da pazzi, ma oggi penso che quando ci guarderemo indietro penseremo ad oggi come a un grande giorno. Abbiamo ingaggiato un direttore sportivo che potrà portare il club in alto nei prossimi anni, oggi è un giorno difficile ma domani ne vedremo i risultati». Profetico. Spors è un d.s., anche se ufficialmente non è tanto un diesse, direttore sportivo, quanto piuttosto un General Manager. Inglese, la lingua del business. E dei 777 Partners, un fondo statunitense che sul suo sito internet si definisce «a Miami-based, alternative investment firm that invests across high-growth attractive verticals, with a strong focus on financial services», e che il 23 settembre 2021 ha rilevato il Grifone dopo 18 anni di presidenza Preziosi. Quanto al secondo profilo, Sebastian Arenz, di anni ne ha 37 – due in meno di Spors -, ha lavorato cinque anni nell’ecosistema Red Bull tra Salisburgo, Bragantino e Lipsia (poi Valencia e Milan, nel 2019/20) ed è il responsabile dell’area scouting del Genoa. Una ventata d’innovazione pervade una delle piazze più tradizionaliste del calcio italiano, arroccata su una storia a tratti parsa irripetibile e cullata dall’orgoglio di essere il più antico club italiano.

Nel frattempo, i 777 Partners non si sono fermati al Genoa. Già avevano una partecipazione significativa nel Siviglia, poi hanno acquistato come detto il 99% del Genoa CFC e hanno proseguito l’espansione nel mondo del calcio in Brasile (Vasco da Gama) e, più recentemente, in Belgio (Standard Liegi). Perdipiù, se apri Instagram e cerchi il profilo di Josh Wander, l’uomo che nel 2015 ha co-fondato 777 Partners dopo un BS in finanza presso l’Università della Florida, trovi una coinvolgente serie di post sull’acquisizione brasiliana. Coinvolgimento. I 777 Partners non sono nuovi a questa strategia comunicativa. Del resto, era bastato vederli posare in visita al campo d’allenamento di Pegli – Wander, assieme a Juan Arciniegas e l’ingegnere Andrés Blázquez – per capire l’andazzo. «Allora, questo sabato c’è una piccola sorpresa – esordisce Blázquez – e spero che sia la prima di tante. La partita sarà gratuita, questo sabato, per tutti, tutti che possano andare per la situazione CoVID, ma per tutti. Vogliamo vedervi tutti lì, vi aspettiamo. Forza Genoa!». «Ti aspettiamo, forza Genoa!», gli fa eco un sorridente Arciniegas. Appello risposto, e non solo per la gratuità del biglietto (a Genova, al netto degli immediati e facili luoghi comuni sulla taccagneria ligure).

Dagli USA ai 7 pareggi di Blessin

Così il 25 settembre, al Ferraris, per quel Genoa-Verona, ci sono 13mila spettatori. Stadio pieno, per quanto consentito dalle norme di fronteggiamento della pandemia. I 13mila cantano, accolgono la nuova proprietà con bandierine rossoblù – e americane! – quindi assistono a un pirotecnico 3-3 che ben riassume, se vogliamo, la stagione del Genoa. Montagne russe, emozioni a gogò ma – in fin dei conti – un solo punto. Per capirci. A oggi, 20 marzo 2022, il Genoa è la squadra che ha pareggiato più partite di tutte: 16. La matematica non è un’opinione: 22 punti, 16 pareggi tutti valenti un punto, due vittorie (quella di Cagliari, il 2-3 in trasferta citato in precedenza) e quella di venerdì sera contro il Torino. Un’enormità a separarle, e nel mare magnum dell’enormità rientrano pure – evidentemente – i 7 pareggi di fila ottenuti da Alexander Blessin, uno che nelle prime 7 – ribadiamo – non ha mai vinto né ha mai perso. Lì lì, un punto alla volta, ha costruito le fondamenta di una salvezza risicata, forse già data per persa, ma che a conti fatti oggi – 20 marzo 2022 – dista sole tre lunghezze. Una salvezza che poggerebbe su 16 pareggi, ripetiamo, 7 dei quali ottenuti da Blessin che venerdì ha peraltro festeggiato la prima vittoria in Italia. Giusto per completezza, torniamo brevemente al 25 settembre. Genoa-Verona, fino al 75′ i liguri sono sotto di due reti. Criscito segna un rigore, Destro di testa pareggia all’80’ e all’85’ segna un leggendario lob su Montipò tenendo in mano una bottiglietta di acqua Dolomia. Poesia. Peccato che nella frenesia la difesa del Genoa si dimentichi di Kalinić in area di rigore al 91′: 3-3.

Se c’è antropologicamente un motivo per cui il calcio non abbia sfondato negli Stati Uniti d’America come invece ha fatto nel resto del mondo, genericamente parlando, è dovuto a due fattori. L’uso dei piedi, parte del corpo “meno nobile” rispetto alle mani, è uno. Il fatto che sia uno sport poco “adrenalinico”, è il secondo. Pensateci: nel basket giochi con le mani e hai 24 secondi, dopodiché – se non hai tirato il pallone a spicchi – beh, questo passa agli avversari. Emozione, no? Poi vuoi mettere i canestri continui, la spettacolarità di una disciplina che garantisce decine e decine di punti per partite? Il calcio non evita che talvolta si verifichino scialbi 0-0, né che la noia non faccia capolino, o che una squadra giochi col cronometro facendo melina o tiqui-taca. Quando la dirigenza americana acquista il Genoa e si gode una prima partita del genere, 3-3, con un tifo del Ferraris che notoriamente è ribollente – figuriamoci se sold out, con la ventata di seducente novità data dal passaggio di consegne dopo 18 anni di presidenza Preziosi – sono un ottimo biglietto da visita. Josh Wander si dichiara entusiasta dell’ambiente. Visita Genova, accompagnato da un cicerone d’eccezione – il sindaco, Marco Bucci – quindi sceglie una figura di spicco da piazzare nell’organigramma alla voce di presidente. Risponde al nome di Alberto Zangrillo.

Da Zangrillo ai leoni a caccia

Zangrillo è notoriamente un tifoso genoano. «È per questo che lottiam», posta su Instagram riferendosi evidentemente a un sogno per nulla celato dai tifosi rossoblù: la stella, il leggendario decimo scudetto che isserebbe una stella – appunto – sopra il Grifone. Un innegabile segno di quanto dicevamo prima, la storia che si fonde con un presente (recente) fatto di un record storico di presenze in Serie A dal secondo dopoguerra in poi, ma anche una spinta onirica al raggiungimento di un sogno inequivocabilmente percepito come impossibile. Zangrillo – primario dell’Unità Operativa di Anestesia e Rianimazione Generale e Cardio-Toraco-Vascolare, Referente Direzionale Aree Cliniche dell’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano, nonché Vincitore di diversi bandi di ricerca e professionista insignito del titolo di Cavaliere al merito della Repubblica Italiana e di Commendatore dai Presidenti della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi e Giorgio Napolitano – viene presentato il 22 novembre 2021. Giusto per citare quanto detto a proposito della spettacolarità del calcio vista dagli USA, Josh Wander a un certo punto della conferenza stampa di presentazione del presidente dice: «È un uomo di scienza. Essendo un medico ci aiuterà anche per acquisire professionalità per la squadra, poi è meglio poter avere un cardiologo vicino a me durante le partite». Ta-dan, Genoa-Verona 3-3. Entusiasmo.

Ma torniamo ancora a Blessin, perché molti commenti dei tifosi genoani ai post del nuovo allenatore rispondono a grandi linee a questo: «Andiamo a caccia». Caccia. Caccia della salvezza, ma pure caccia di selvaggina. Sì, perché Blessin è noto motivare la squadra pure con video di leoni che cacciano. Metafora: cacciare in gruppo è conveniente, un solo leone non potrebbe sopravvivere. Idem gli uccelli che migrano in stormi: «Si muovono a migliaia, tutti insieme, ci pensate?». Potere della comunicazione. Target audience colpita. Sette pari di fila, difesa blindata. Ora, piccola parentesi. Il Genoa ha subito 49 reti, in stagione: il 4-0 della prima giornata a Milano contro l’Inter campione d’Italia in carica, il 6-0 sopracitato sulla Fiorentina, ma in generale nelle prime 22 gare di campionato Sirigu ha solo in tre occasioni mantenuto la porta inviolata. Il punto è che lo stesso Sirigu, nelle ultime 8 partite, ha raccolto due sole reti dalla propria porta. Non da Udinese (Beto?), Roma (Abraham?), Inter (Sánchez? Džeko? Lautaro?) o Atalanta (Muriel?). Da Federico Bonazzoli della Salernitana e Thomas Henry del Venezia…


Genoa-Torino 1-0, il prepartita

Venerdì 13 marzo 2022, sono le ore 21 e lo stadio Luigi Ferraris ospita il Torino. Gara dal sapore nostalgico, per varie ragioni. Intanto è una gara con tanti ex. Tra i granata figurano Armando Izzo e Rolando Mandragora in campo, più Ivan Jurić in panchina assieme a Cristian Ansaldi. Indisponibili Antonio Sanabria e Pietro Pellegri, che a dicembre 2016 ha esordito in Serie A. Contro chi? Contro il Torino. E chi era l’allenatore del Genoa in quel periodo? Ivan Jurić. Che effettivamente ha legato buona parte della sua carriera al rossoblù: dal 2006 al 2010 in campo, con tanto di Europa League durante la gestione Gasperini, poi da allenatore in tre tranches. Eccole: nel 2010-11 è il vice-allenatore della Primavera, nel 2013/14 è il tecnico della Primavera, nell’estate 2016 Gasperini saluta la Lanterna e si dirige a Bergamo, quindi Preziosi sceglie Jurić reduce da un annus mirabilis a Crotone. Jurić a Genova dura tre anni. Dal 28 giugno 2016 al 19 febbraio 2017, poi lo sostituisce Andrea Mandorlini, che a sua volta sostituisce il 10 aprile 2017 conducendo il Grifone alla salvezza. All’ultima giornata, una vittoria 2-1, proprio sul Torino (che coincidenza!) il 21 maggio 2017, reti di Luca Rigoni e Giovanni Simeone, di tacco. Edit: è stata la prima partita allo stadio, da giornalista, di chi scrive questo articolo. Ma Jurić viene confermato nel 2017/18, quindi sostituito il 5 novembre 2017 da Davide Ballardini, a cui subentra il 9 ottobre 2018 salvo venir a sua volta sostituito il 7 dicembre successivo da Cesare Prandelli. Quindi nell’estate 2019 accetta il Verona e saluta – per il momento – Genova.

Gli ex granata che invece giocano in rossoblù sono Sirigu e Maksimović. Curiosamente, anche all’andata si è giocato di venerdì sera e non portò bene al Grifone: 3-2 il 22 ottobre 2021, al Grande Torino, in gol anche l’ex Sanabria, ma soprattutto l’unica rete mai segnata in rossoblù da Felipe Caicedo, acquistato l’estate scorsa dalla Lazio e a dir poco deludente. Tanto che a gennaio l’ecuadoriano – a Genova, dove la presenza ecuadoriana è così massiccia da valere il 20,7% di tutti gli stranieri presenti sul territorio – viene ceduto all’Inter, dove ritrova Simone Inzaghi. Finora, Caicedo ha giocato 3′ contro il Genoa, a febbraio, e 1′ contro la FIorentina. Per il resto, panchina. Ma rispetto ad allora c’è un’altra novità. Il coro della Gradinata Nord rossoblù, modellato sulle note di Gente di mare, la canzone che Umberto Tozzi e Raf hanno presentato all’Eurovision 1987. E che le casse del Luigi Ferraris assecondano dopo la lettura delle formazioni ufficiali anche prima di Genoa-Torino.


Genoa-Torino 1-0, prima mezzora

Si parte, il Genoa veleggia sulla convinzione ritrovata e sulla sensazione di poter realmente far male al Torino. Anche con le folate di Nadiem Amiri, un elemento di qualità sulla trequarti in grado di ovviare forse a uno dei problemi principali del travagliato inizio di stagione rossoblù: la mancanza di un collante tra i reparti, idealmente centrocampo e attacco. Okay, non serviva nel 3-5-2 di Ballardini a inizio stagione perché altrettanto idealmente Destro e Caleb Ekuban (con Caicedo e Pandev alternative) avrebbero dato garanzie. Ma a conti fatti Shevchenko col 3-5-2 ha ottenuto magri risultati e pure Ballardini in più di un’occasione aveva virato il 4-2-3-1, con trequartisti a turno Rovella, Hernani, Melegoni, Sturaro e infine il cileno Pablo Galdames, domenica 31 ottobre 2021, contro il Venezia. La gara prima al Ferraris era stata un Genoa-Sassuolo di domenica 17 ottobre, terminata 2-2 grazie al colpo di testa del messicano Johan Vásquez al 90′. Ma insomma, uno come Amiri mancava.

Ed è mancato pure venerdì, sicché dopo 10′ Østigård atterra Tommaso Pobega sul centro-sinistra dell’area di rigore rossoblù e viene ammonito. Al 14′ poi il Genoa passa in vantaggio con Manolo Portanova, in un’azione che parte da un recupero del pallone e un bel cross teso dalla destra di Morten Frendrup, su cui Berisha non è perfetto, Izzo devia involontariamente il pallone e quindi Portanova – figlio d’arte, suo padre Daniele, difensore centrale, aveva giocato al Genoa nel 2013/14 – sul secondo palo insacca in porta. Ma al 23′ Leo Skiri Østigård commette un fallo simile a quello che poco prima gli è costato l’ammonizione, stavolta su Izzo, al che l’arbitro Mariani estrae il secondo giallo. Una scelta forse errata, alla luce di replay e fermo immagini, che certificano come probabilmente il difensore norvegese ex Brighton non tocchi l’ex genoano Izzo, che pare accentuare la caduta. Fatto sta, per ristabilire l’assetto del Grifone, Blessin è costretto al primo cambio: fuori Amiri, dentro Mattia Bani. Ecco perché Nadiem Amiri è sostanzialmente mancato. Sacrificato da Blessin in nome di un 4-4-1 che per ovvie ragioni palesava le stesse pecche (sopracitate) derivanti dalla mancanza di un elemento sulla trequarti che colleghi centrocampo e attacco. Stavolta per congiunture di forza maggiore. Genoa in 10.

Genoa-Torino 1-0, fine primo tempo

Escludendo una parentesi sulla nouvelle vague nordica, tra Norvegia (Østigård ) e Danimarca (Frendrup) oltre all’islandese Gudmundsson, il Genoa deve leccarsi le ferite. Giocherà 65 minuti con un uomo in meno ma un vantaggio. La Gradinata Nord intona “Un giorno all’improvviso“, Manolo Portanova – evidentemente ringalluzzito dal primo gol in Serie A – si invola solitario in sgroppate che hanno l’unico scopo, fondamentale, di dare respiro alla manovra del Grifone. Ma il Torino è vivo, e si capisce da un cross dalla destra, su cui interviene Belotti in rovesciata, innescando a sua volta un colpo di testa (di Pjaca? No, Vojvoda), che finisce sulla traversa. E ancora con Belotti, che al 42′ calcia male, quasi incespicando, dopo essersi trovato solo – pur da posizione defilata – in area di rigore. Un minuto di recupero, poi finisce il primo tempo. A questo punto, il Genoa ha già retto oltre venti minuti con un uomo in meno. Capitalizzata l’unica occasione avuta, il Grifone si è chiuso a riccio in difesa. Altro non potrebbe fare. Destro, apparso innervosito, è costretto a fare reparto da solo: è il prezzo da pagare per l’espulsione di Leo Skiri Østigård. i numeri non mentono. Un tiro in porta per parte, 75% possesso palla in favore dei granata, che completano 285 passaggi contro i 66 rossoblù. Eppure il punteggio è sempre 1-0, decide sempre Manolo Portanova.

Si riparte, senza Destro: Blessin lo sostituisce con Silvan Hefti, terzino svizzero. Genoa a trazione ulteriormente posteriore e perdipiù senza l’unico attaccante di ruolo. In panchina ci sono Piccoli, acciaccato, e Kelvin Yeboah, arrivato a gennaio (come Hefti) dallo Sturm Graz dopo una mezza stagione super in Austria, 11 reti in 18 partite. Hefti è invece arrivato per circa 3 milioni dagli svizzeri dello Young Boys e ha già mostrato ottimi spunti. Così Blessin riorganizza il Genoa su un 4-3-2, con Morten Frendrup riportato al suo ruolo naturale – interno di centrocampo, non terzino destro come ha iniziato la partita – accanto a Badelj e capitan Sturaro, quindi Filippo Melegoni e Manolo Portanova in attacco. Attacco leggero, leggerissimo forse. Jurić vara contromosse, dentro Brekalo e Ansaldi per Mandragora e Vojvoda. Il croato va nel tridente con Belotti e il connazionale Pjaca, Pobega arretra a centrocampo, con Lukic.

Genoa-Torino 1-0, il secondo tempo

Il Torino apre il secondo tempo con un cross pericolosissimo (7′) su cui nessuno interviene, il Genoa si affida a qualche estemporanea sgroppata, con Portanova che però si allunga il pallone e non riesce nel dribbling decisivo. Al 14’ su corner di Brekalo interviene Belotti di testa, debolmente: para Sirigu in tuffo. Passano 5′ e si fa male Portanova, dopo un contropiede nato da un altro corner non concretizzato dal Torino. Portanova esce dal campo, assieme a Melegoni: dentro Galdames e Kelvin Yeboah. Blessin cambia il tandem offensivo per gli ultimi 25 minuti, stavolta c’è un attaccante di ruolo, Yeboah – peraltro, figlio d’arte – che prova subito un’azione personale, ma è solo. Poco dopo, Galdames sbaglia un lancio in profondità. Ancora Genoa al 26’, quando calcia Yeboah, ma centrale: para Berisha. Il Grifone sembra tornato al 4-4-1, in attacco c’è solo Yeboah. Poi ci prova Singo (28’), alto. Manca oltre un quarto d’ora più recupero e il Genoa continua a giocare col cronometro alleato, sfruttando qualche rimessa laterale guadagnata da Yeboah.

Jurić, insoddisfatto – in conferenza stampa parlerà di «una delle partite più brutte da quando sono al Torino» – cambia ancora. Entrano Buongiorno e Zaza, escono Rodriguez e Singo. Torino ancora più offensivo. Nel mentre, Yeboah guadagna una punizione di mestiere e mancano dieci minuti. Per il Torino è 3-5-2, le ali sono Pjaca e Ansaldi, davanti Belotti fa coppia con Zaza. Viene ammonito Bani (38′), poi si scaldano gli animi. Al 42’ Yeboah serve Badelj che calcia da fuori area, alto. Ma è corner, che però il Genoa non sfrutta. Al 44′ si mette in mostra Hefti, che di corsa converge verso il centro del campo e costringe al fallo un giocatore del Torino, Izzo, ammonito. Ma viene ammonito anche Ansaldi. Si segnalano tre minuti di recupero. Ultima mossa di Blessin, entra Hernani al posto di Badelj. Quando Sirigu trattiene il pallone calciato dal Torino su punizione nell’area del Genoa, e lo rilancia, il Ferraris ha già capito. Mariani porta il fischietto alla bocca e soffia tre volte. Seconda vittoria stagionale per il Genoa (dopo sei mesi e ventisei partite). La prima in casa. Ed è la trentesima giornata.

Ecco di seguito il tabellino:

Genoa (4-2-3-1): Sirigu; Frendrup, Maksimović, Østigård, Vásquez; Sturaro, Badelj (dal 90’+3 Hernani); Melegoni (dal 65′ Yeboah), Amiri (dal 25′ Bani), Portanova (dal 65′ Galdames); Destro (dal 46′ Hefti). All: Blessin. A disp: Marchetti, Šemper, Masiello, Rovella, Guðmundsson, Kallon, Piccoli.

Torino (3-4-2-1): Berisha; Izzo, Bremer, Rodríguez (dall’80’ Buongiorno); Singo (dall’80’ Zaza), Lukić, Mandragora (dal 51′ Brekalo), Vojvoda (dal 51′ Ansaldi); Pobega, Pjaca; Belotti. All: Jurić. A disp: Milinković-Savić, Gemello, Zima, Aina, Ricci, Linetty, Seck, Warming.

Rete: 14′ Portanova. Ammoniti: Østigård, Bani (G), Izzo, Pobega, Ansaldi (T). Espulso: Østigård (G) al 24′. Arbitro: Mariani.