Winsth racconta: «La mia favola a Värnamo»

«Non capita tutti i giorni che mi chiamino dall’Italia. È un piacere, mi sento così fortunato di poter far conoscere il piccolo Värnamo fuori dalla Svezia». Il tono colloquiale con cui Freddy Roland Winsth accoglie l’intervista già fa presagire il clima della chiacchierata. Winsth ha 31 anni, è nato a Värnamo, è terzino sinistro e capitano dell’IFK Värnamo. Ha sempre e solo giocato per la squadra della sua città, 20mila abitanti nel sud del Paese, nota per il parco Alpadalen e per il Vandalorum progettato da Renzo Piano. La squadra di Värnamo dal 2008 al 2010 è in terza divisione, dal 2011 al 2017 in seconda, poi nel 2018 retrocede in terza. A questo punto, nel 2020 viene promossa in seconda divisione e al primo colpo Cenerentola fa centro: nel 2021 è promozione in Allsvenskan, la prima serie svedese, per la prima volta in 108 anni di storia.


IFK Värnamo - Winsth
Freddy Winsth, 31 anni, capitano del club. Photo credits © facebook.com/IFKVMO

Intanto congratulazioni, è la vostra prima promozione in Allsvenskan.

«Grazie mille, è bellissimo. Non riesco ancora a crederci, è la prima volta nella storia del club e per me è un sogno. Sono 13 anni che gioco qui, all’IFK Värnamo. È bellissimo».

In un’intervista a Sportbladet, ha detto che – siccome eravate appena promossi in Superettan [Serie B svedese, N.d.A] – non c’erano giornalisti a seguirvi in allenamento, tranne all’ultimo prima della partita decisiva per la promozione.

«Sì, penso sia stato un fattore positivo per il club e per noi calciatori, perché potevamo giocare senza pressioni. Non avere i media attorno voleva dire non dar risalto agli errori che potessimo commettere, penso che anche nessuno di loro abbia realizzato quanto fossimo forti. Neppure a stagione finita. Tutto ciò è stato fantastico, ma ci ha fatto anche un po’ di rabbia, perché in fondo era come se fossimo gli unici a capire quanto fossimo bravi. Ma ripeto, è stato meglio per noi perché sì, nessuno ha realmente capito quanto bravi fossimo stati quest’anno».

Quando avete battuto l’Eskilstuna, 2-0 in trasferta. Il Dagens Nyether [quotidiano svedese, N.d.A] ha scritto: «È la partita del secolo per il club». Nel 2018 siete retrocessi in terza serie, poi è arrivato Jonas Thern. Che è successo?

«Sì, l’ho avuto come allenatore per diversi anni, già quando ero a scuola. Lo conosco molto bene, pure perché mio padre giocò assieme a lui. È un allenatore fantastico, sotto molti aspetti. Non solo perché ha giocato a livelli molti alti, direi [ha giocato per Malmö FF, Benfica – con cui ha perso la finale di Coppa dei Campioni nel 1990, contro il Milan – poi Napoli e Roma, in Italia. Ha ottenuto il bronzo ai Mondiali del 1994 in USA, con la Svezia, N.d.A]. Ma tratta tutti ugualmente, in squadra. Io che sono il capitano e i ragazzi più giovani, non importa. Questo penso sia l’aspetto principale, perché rende tutti uguali, sullo stesso piano, ogni giorno. Idem per chi gioca nell’undici iniziale e chi no. Ed è molto bravo nel tirar fuori il meglio da tutti noi».

Il tecnico è sicuramente importante, ma tutto il gruppo ha dato molto.

«Sì, penso sia una delle tante cose che ci sono riuscite in questa stagione. Normalmente, quando ottieni la promozione dalla Superettan all’Allsvenskan, hai un attaccante che da solo segna 20 reti, o almeno 15. Noi non avevamo un giocatore del genere, bensì tanti calciatori che magari entravano a gara in corso e finivano per segnare il gol decisivo. Penso che abbiamo avuto più giocatori di alto livello rispetto a ogni altra squadra e adesso, che la stagione è finita, so che è più importante rispetto all’avere uno o due soli calciatori in grado di fare la differenza».

Ha contribuito il 2 agosto, quando hai segnato allo Jönköping.

«Sì, è stato il mio primo gol stagionale. È stato fantastico, un gol carino. L’hai visto? Non so come spiegarlo, in inglese sarebbe “bycicle kick”».

Hai giocato la tua miglior stagione in carriera, a 31 anni.

«Sì, una delle mie migliori. Penso di aver giocato altre stagioni positive in Superettan, ma ovviamente questa è diversa. Non ero mai stato il capitano dell’IFK Värnamo in Superettan prima di quest’anno, ciò mi rende sia orgoglioso che felice, ovviamente. Sono stato capitano da quando siamo retrocessi dalla Superettan, quindi sono più importante ora per la squadra rispetto a prima, con la mia esperienza».

In squadra avete diversi giocatori di talento, penso a Hugo Andersson, prodotto delle giovanili del Malmö, o Pontus Kindberg che giocava nell’ÖFK. Il mix tra esperienza e gioventù ha dato frutto…

«Sia a me che al club piace l’idea di un mix tra le due cose. I giocatori giovani hanno poca esperienza, ma poi abbiamo calciatori di tante nazionalità, gente da Nuova Zelanda, Sierra Leone, Nigeria e tanti altri luoghi. A volte non è positivo perché serve tempo per costruire relazioni con varie culture e tutto il resto, ma quando siamo retrocessi dalla Superettan abbiamo avuto molti giocatori rimasti con noi. Anche se non hai troppi nuovi calciatori ogni anno, costruisci comunque qualcosa. E noi lo abbiamo fatto, pure con chi proveniva da fuori dalla Svezia».

Nel 1991/92 c’è stata un’importante generazione di calciatori cresciuti a Varnamo. Penso Claesson, Simon Thern, Baffo, Hult…

«Sì, per club come l’IFK Värnamo va così. Non puoi trattenere i giocatori, hanno bisogno di trasferirsi altrove e vedere come va il mondo, giocando per club più grandi ovviamente. Probabilmente ora è più facile per loro restare un po’ più a lungo, siccome giochiamo in Allsvenskan, ma penso sia una delle cose pe cui si è voluto costruire il club in modo che calciatori giovani potessero venire qui e crescere. Non è importante che restino qui, perché sì, è un bell’ambiente in cui stare, calmo, poi non è una città molto grande e non ci sono troppi tifosi. L’unica cosa che puoi fare qui è pensare al calcio».

Ti voglio porre una domanda su una canzone, “Alla har en ko i Värnamo”.

[Ride] «È iniziato tutto quando un grande club, l’Hammarby, ha giocato qui quando siamo stati promossi in Superettan per la prima volta. Loro arrivano al Finnvedsvallen [stadio dell’IFK Värnamo, N.d.A] e cantano “Tutti in Värnamo hanno una mucca”. Lo fanno perché pensavano fossimo degli agricoltori…».

La canzone cantata dai tifosi dell’Hammarby.

Penso sia un’ottima idea cantarlo a loro quando li incontrerete, alla Tele2 Arena.

«Certamente, certamente. Ci ridiamo su, anche. Penso sia una canzone carina. Hanno humor».

Avete creato una Cinderella story, un po’ come l’Östersund. Spero ci sia l’occasione anche per voi di giocare le Coppe europee, evitando di retrocedere come l’ÖFK quest’anno. Loro avevano Graham Potter, voi Thern.

«È molto difficile dire quanta importanza abbia avuto l’allenatore, piuttosto che i giocatori, o il club, bla bla bla. L’unica cosa che so è che Jonas è un tassello fondamentale del puzzle. È molto bravo nel motivare il gruppo ad andare nella stessa direzione, con tutti. Se non vuoi andare in quella direzione, lui molto chiaramente ti dice che non devi per forza giocare a Värnamo. Dice così: “Non puoi giocare a Värnamo, perché il tuo ego non può essere maggiore di quello della squadra”. Penso sia importante. Così come è importante che io, in qualità di capitano, abbia giocato qui da molti anni, so come ci allenavamo e come siamo migliorati. Con questa mentalità, vogliamo sempre allenarci tanto e duramente. Un’altra cosa è che abbiamo molti giocatori giovani, perché normalmente quando hai 31 anni come me non vuoi allenarti troppo, vuoi solo giocare le partite. Ma quando hai molti giovani, è più facile costruire questo ambiente fatto di tanti e duri allenamenti, crescere sotto un profilo fisico».

Dietro di te c’è una foto, mi sembra sia del numero 20, con in braccio un bimbo. È tuo figlio?

«Questa è mia figlia. Sì, la tengo qui in ufficio, con me».

IFK Värnamo - Winsth
Winsth con suo figlio. Photo credits © facebook.com/IFKVMO

A proposito di ufficio, so che oltre a giocare a calcio ha un altro lavoro.  

«Sì, lavoro come venditore. Vendo soluzioni IT ad aziende, telecomunicazioni, ma anche macchinette del caffè, stampanti e ogni altra cosa legata all’ufficio. A compagnie più o meno grandi. Ho sempre lavorato al di là del calcio e mi piace proprio, perché da calciatore ci sono molti spazi di tempo in cui non fai nulla, sono molto felice di fare questo lavoro, da oltre 8 anni. Mi piace tantissimo. Vado in visita ad aziende, non solo qui a Värnamo ma neanche lontano, diciamo nelle vicinanze, e le aiuto così».

Nella sua descrizione sul sito, si legge che è il capitano della squadra. Presumo che averla come venditore sia utile per loro.

«Sì, ma questo lo faccio principalmente per me, per riempire i buchi di tempo. Il lavoro di venditore è quasi come praticare uno sport, competi con altre compagnie e hai sempre obiettivi da raggiungere. La competizione la trovo sia nel calcio che in questo lavoro. Fa proprio il caso mio».