Euro 2016, l’analisi dei gironi. Francia e Germania favorite ma attenzione agli outsider

Finalmente si parte. Questa sera apre i battenti Euro 2016. Germania e Francia sembrano almeno alla vigilia le nazionali preferite per la vittoria finale. Ma questo è storicamente il torneo delle sorprese e la nuova formula a 24 squadre che porterà alla fase ad eliminazione diretta le prime due di ogni girone e le quattro migliori terze, lascia aperta più di una porta a possibili outsider mai stati numerosi come in questa edizione. Ma scopriamo più da vicino gironi e squadre partecipanti.

GIRONE A – FRANCIA FAVORITA MA POI E’ BAGARRE

Albania – La prima volta non si scorda mai. Il mantra è chiaro per l’Albania, giunta allo storico debutto in una fase finale di un Europeo. Un traguardo inaspettato per le Aquile balcaniche, frutto di un lavoro encomiabile da parte di un’eccellenza tutta italiana: nemo profeta in patria, l’effige di Gianni De Biasi che dopo anni di svilente gavetta in Italia (Spal, Cosenza, Torino, Udinese) ha trovato la sua dimensione oltre l’Adriatico, conducendo l’Albania al secondo posto del girone I delle qualificazioni e ottenendo dunque il pass per Euro 2016. Un 4-2-3-1 senza voli pindarici, solido e coeso, fondato sul giusto compromesso tra fantasia ed esperienza: il credo tattico di De Biasi trova la sua quadratura nel blocco arretrato, guidato da Etrit Berisha, Elseid Hysaj e Lorik Cana, tutti volti noti del calcio tricolore. Non sarà di certo facile riuscire ad avanzare nella competizione, ma la voglia dell’Albania di continuare a scrivere la storia sarà una componente imprevedibile negli sviluppi del girone.

Svizzera – Per una prima volta tutta da vivere, c’è chi ha tutte le carte in regola per sognare in grande. La Svizzera di Vladimir Petković (ancora un altro volto legato al calcio nostrano) punta con decisione a superare per la prima volta nella sua storia la fase a gironi di un Europeo. Un obiettivo ampiamente raggiungibile se si considera il tasso tecnico della formazione elvetica: Stephan Lichtsteiner, Valon Behrami, Xherdan Shaqiri alcuni dei nomi più blasonati, al servizio di una squadra che punta forte sull’atletismo e sull’organizzazione tattica, amalgamata alla perfezione in un 4-3-3 tutto corsa e ripartenze. Riflettori puntati su Breel Embolo, diciannovenne stella del Basilea, pedina di lusso nel reparto offensivo svizzero. Su di lui gravitano gli occhi di mezza Europa, e sicuramente vorrà mettersi in mostra per consacrarsi nel calcio che conta.

Romania – Niente primedonne, soltanto la forza di un collettivo operaio totalmente devoto al suo commissario tecnico, Anghel Iordănescu, un’icona del calcio balcanico: dopo l’esperienza nei gloriosi anni 90’, epoca d’oro del calcio rumeno, e una breve parentesi dal 2004 al 2006, Iordănescu è ritornato per un terzo mandato, e ha guidato la squadra ad un secondo posto nel girone F delle qualificazioni. La formazione si presenta fortemente ridimensionata rispetto ai fasti del passato: la maggior parte dei giocatori milita in campionati nazionali, e la poca esperienza a livello europeo potrebbe fortemente pregiudicare il percorso nel girone, già fin dall’ostico debutto contro la Francia. I volti più conosciuti sono Ciprian Tatarusanu, reduce da un’ottima annata tra i pali della Fiorentina, Vlad Chiriches, riserva di lusso nello scacchiere del Napoli, e Gabriel Torje, l’eterna promessa del calcio romeno, in cerca di riscatto su un palcoscenico prestigioso.

Francia – Da un collettivo operaio ad un concentrato di stelle. Pochi dubbi sul fatto che la Francia di Didier Deschamps sia una delle favorite alla vittoria finale. In un percorso di ricambio generazionale quanto mai delicato, la squadra transalpina sta godendo a pieno della maturazione di una nuova leva calcistica già in grado di fare la differenza: Paul Pogba, Antoine Griezmann e Anthony Martial sono ormai delle solide certezze all’interno di una formazione che ha dovuto ritrovare equilibrio e alchimia a seguito delle pensanti esclusioni di Valbuena e Benzema, per le note vicende extracalcistiche. Non soltanto estro e fantasia, ma anche solidità e compattezza, espresse in un asse difesa-centrocampo di tutto rispetto: Hugo Lloris, Patrick Evra, Bacary Sagna, Blaise Matuidi, sono alcuni dei senatori dei Blues, pronti a guidare la squadra all’interno di un girone tutt’altro che proibitivo. Occhio anche a N’Golo Kanté, il mediano dai polmoni d’acciaio, a caccia di un’altra favola dopo aver stregato il mondo intero con il suo Leicester. L’entusiasmo derivato dall’ospitare la manifestazione potrebbe giocare un ruolo non marginale in termini di pressioni e responsabilità, ma i cugini d’Oltralpe non temono rivali. Gli ingredienti per arrivare lontano ci sono tutti.

antoine-griezmann

GIRONE B – L’INGHILTERRA NON PUO’ FALLIRE. SLOVACCHIA E GALLES PER IMPENSIERIRE LA RUSSIA

Russia – Un obiettivo in testa, ma una voragine davanti a sé. La nazionale russa, dopo la deludente gestione Capello riparte da Leonid Slutskyi, allenatore del CSKA Mosca, fresco di vittoria della Russian Premier League. La formazione sovietica si presenta alla rassegna europea orfana di Alan Dzagoev, costretto al forfait per un problema alla caviglia, e si giocherà le chances di qualificazione affidandosi alla collaudata coppia d’attacco formata da Aleksandr Kokorin e Artëm Dzjuba, quest’ultimo autore di otto reti nel girone eliminatorio, chiuso dalla Russia al secondo posto alle spalle dell’Austria. Poca qualità in mezzo al campo, ma tanta disciplina tattica e abnegazione alla causa sono le armi a disposizione di Slutskyi, che proverà a far leva sulla carica emotiva per sopperire alle lacune tecniche di una squadra mediocre, ma temibile in partite da dentro o fuori. Il reparto arretrato ispira fiducia (soltanto 5 gol subiti durante le qualificazioni), l’esperto Igor Akinfeev è una sicurezza tra i pali.

Galles – Una squadra costruita attorno alla sua stella, per celebrare un’impresa senza mai tirarsi indietro. Il Galles festeggia la prima qualificazione alla fase finale di un Europeo e torna a partecipare a cinquantott’anni di distanza dall’ultima volta ad una manifestazione internazionale (mondiali di Svezia del 1958). Il cammino dei Dragoni britannici nel girone eliminatorio è stato sensazionale: 21 punti e un secondo posto alle spalle del Belgio, davanti alla più quotata Bosnia, traguardo raggiunto grazie ai gol e al carisma di Gareth Bale, vera e propria super-star in patria. Al suo fianco una schiera di giocatori esperti, svezzati per lo più in Premier League, pronti a vender cara la pelle. Nella coriacea formazione del ct Chris Coleman, la fida spalla di Bale è sicuramente Aaron Ramsey, uomo d’ordine in mediana e incursore temibilissimo tra le linee. Dai loro piedi passerà il futuro del Galles nella fase a gironi.

Slovacchia – Una filosofia da sostenere a prescindere dagli uomini in campo, il credo del ct Ján Kozák è un 4-2-3-1 vecchio stampo, rodato sull’esperienza di alcuni uomini chiave per ogni reparto: per la difesa pochi dubbi, il leader indiscusso è il gigante Martin Škrtel, le chiavi della mediana sono affidate a Juraj Kucka, mentre per l’estro in sede offensiva tutte le speranze sono riposte su Marek Hamšík. Il trequartista del Napoli, rigenerato dalla cura Sarri, ha trascinato la nazionale slovacca al secondo posto del girone C, alle spalle della Spagna, ed è l’uomo copertina di una nazionale nuova, alla prima esperienza ad una fase finale di un Europeo dopo l’indipendenza politica. La Slovacchia si giocherà con Russia e Galles le chances di qualificazione agli ottavi, agendo da vera e propria mina vagante in un girone che si presenta tra i più equilibrati del torneo.

Inghilterra – Un cammino devastante e una storica maledizione a confronto. Il percorso di avvicinamento a Euro 2016 ha lasciato davvero pochi dubbi sulla forza dell’Inghilterra, autentica dominatrice della fase preliminare con dieci successi su altrettanti incontri. Una striscia impressionante che però si esaurisce nella storica incapacità dei britannici di risultare all’altezza delle aspettative nei momenti topici delle rassegne internazionali: la selezione dei Tre Leoni infatti non è mai andata oltre le semifinali di un Europeo, e nonostante una ricca e costante produzione di talenti ha sempre deluso nelle occasioni decisive. La squadra di Roy Hodgson si affida oggi al carisma di Wayne Rooney, reduce però da una stagione altalenante, e ai nuovi bomber di una Premier League fuori da ogni logica: Harry Kane del Tottenham, capocannoniere del campionato e Jamie Vardy, l’icona della classe operaia nella favola targata Leicester. A centrocampo occhi puntati su Jack Wilshere e Jordan Henderson, mediani dai piedi educatissimi, mentre in difesa un nucleo di uomini d’esperienza (tra cui Chris Smalling e Gary Cahill) è pronto a proteggere la porta del funambolico Joe Hart. Sulla carta il passaggio agli ottavi sembrerebbe una formalità. Bisogna soltanto saper convivere con i fantasmi di una maledizione crudele.

GIRONE C – GERMANIA E POLONIA POSSONO DORMIRE SONNI TRANQUILLI

Irlanda del Nord – Una partecipazione dal sapore dolcissimo per l’Irlanda del Nord, al debutto assoluto in un Europeo, dopo aver vinto il girone eliminatorio chiudendo con una striscia di undici risultati utili consecutivi. La fase preliminare ha messo in luce tutte le qualità della selezione guidata da Martin O’Neill: una squadra tosta, rocciosa, cresciuta nei campi della periferia britannica, che trova il suo faro in Kayle Lafferty, vecchia conoscenza del calcio italiano, prima punta versatile in grado di svariare su tutto il fronte offensivo. Poca fantasia e un enorme spirito di sacrificio, l’Irlanda del Nord è una squadra ben conscia dei propri limiti tecnici, ma dotata di grande organizzazione sotto il profilo tattico. Le probabilità di approdare agli ottavi sono ridotte ai minimi termini, ma guai a sottovalutare lo spirito di una nazionale pronta a giocarsi le proprie carte senza alcuna pressione sulle spalle.

Ucraina – Una spaccatura interna che potrebbe complicare il cammino e al contempo la vorace fame di rivalsa in campo internazionale. L’Ucraina galleggia su un sentiero spinoso, in bilico tra la dissolvenza e il miraggio di un sogno. Il più grande problema della selezione dell’Est Europa è la composizione della sua rosa: i due principali blocchi che costituiscono l’ossatura della squadra di Mychajlo Fomenko appartengono al bacino della Dinamo Kiev e dello Shakthar Donetsk, le due storiche antagoniste nel campionato ucraino. Sarà essenziale placare le rivalità interne e trovare al più presto l’alchimia in un gruppo tecnicamente valido, in grado di rompere gli equilibri nel girone. Di fatto pochi elementi hanno esperienza internazionale, toccherà ai talentuosi Andrj Yarmolenko (stella della Dinamo Kiev) e Jevhen Konoplyanka (trequartista del Siviglia) guidare la squadra alla prima storica qualificazione agli ottavi di finale. A fianco di Fomenko siederà in panchina Andrei Shevchenko, in qualità di vice allenatore. Una presenza strategica per limare le divergenze e costruire una mentalità vincente.

Polonia – Il peso di una nazione intera sulle spalle, la voglia di accettare una sfida impossibile e continuare a stregare sotto porta. Queste le onerose premesse di Robert Lewandowski: 42 gol in 51 partite con il Bayern Monaco e 13 reti in 10 gare di qualificazione con la selezione polacca (miglior marcatore della fase preliminare). Un biglietto da visita di tutto rispetto che alimenta i sogni di una squadra plasmata sui solidi precetti di Adam Nawalka e costruita al servizio della sua stella. Se Lewandowsky è una certezza sul fronte offensivo, anche la difesa è tra le più rocciose della manifestazione: Kamil Glik e Łukasz Piszczek sono gli uomini più esperti, in grado di offrire adeguate garanzie a protezione della porta, presidiata da uno tra Łukasz Fabiański e Wojciech Szczęsny, in un ballottaggio ancora da risolvere nella testa di Nawalka. Difficile rintracciare qualità in un centrocampo pensato più alla rottura che alla costruzione del gioco, che trova in Grzegorz Krychowiak, fresco di vittoria dell’Europa League con il Siviglia, l’elemento di spicco. Il secondo posto, alle spalle della corazzata tedesca, sembra un traguardo ampiamente alla portata. Sempre che Lewandowski non deluda le attese.

Germania – Se l’Europeo avesse la formula di un campionato, probabilmente i bookmakers nemmeno quoterebbero la vittoria della Germania. La superiorità, dati alla mano, sarebbe alla lunga schiacciante. La selezione di Joachim Löw si ritrova nel pieno di un ciclo vincente ora che la golden generation teutonica è al culmine della sua crescita. Manuel Neuer, Mats Hummels, Toni Kroos, Marco Reus, Mario Götze, Thomas Müller sono i figli di una leva calcistica dal talento purissimo, frutto di un’attenta pianificazione strutturale e globale. A sorprendere non è soltanto la qualità dei singoli, considerando che i top player fioccano in ogni reparto, quanto la sottile chimica creata da Löw per amalgamare un tale concentrato di fenomeni. La Germania gioca un calcio devastante, privo di ridondanze, essenziale e letale allo stesso tempo. L’unico problema pare essere proprio l’abbondanza di pedine di cui dispone il tecnico tedesco. E ovviamente la necessità di condensare gli stimoli giusti in una competizione fatta di partite secche, ognuna delle quali può riservare spiacevoli sorprese.

Germany's Mueller celebrates with Goetze during their Euro 2016 qualification match against Poland in Frankfurt

GIRONE D – E SE LA SPAGNA NON PASSASSE?

Spagna – Il tramonto delle Furie Rosse. Sia chiaro, la Spagna non teme nessuno in quanto a tasso tecnico, eppure la selezione iberica si presenta all’Europeo in una condizione giocoforza calante rispetto al più recente passato. L’impressione è che il ciclo inaugurato da Vicente Del Bosque nel 2008 sia destinato a chiudersi non soltanto nella forma (già annunciato l’addio del tecnico spagnolo al termine dalla manifestazione) ma anche nella sostanza. Cesc Fàbregas, Andrés Iniesta, Gerard Piqué, Sergio Ramos sono i punti di forza di una nazionale capace di coniugare alla perfezione le filosofie di gioco di Real Madrid e Barcellona, ma che oggi soffre l’assenza di un autentico ricambio generazionale. I problemi più evidenti si registrano in attacco dove manca un vero e proprio finalizzatore d’area di rigore, con Alvaro Morata investito da pesantissime responsabilità. La componente emotiva sarà determinante: un ultimo graffio prima di un inevitabile tramonto, il mantra per la Roja pare essere chiaro.

Croazia – Il cammino della Croazia passa dal centrocampo. La selezione di Ante Čačić vanta uno dei reparti nevralgici più completi e tecnicamente validi di tutta la competizione: le geometrie di Luka Modrić, il talento di Mateo Kovačić, il carisma di Ivan Rakitić, i polmoni di Ivan Perišić e l’imprevedibilità di Marcelo Brozović. Una miscela letale su cui il tecnico balcanico punta forte, forzando la coesistenza delle sue stelle. I presupposti per imporre un gioco basato sul dominio in mezzo al campo ci sono tutti, servirà trovare la giusta intesa tra gli interpreti. Lì davanti Mario Mandžukić è pronto a trascinare la squadra a suon di gol (i mediani dai piedi educatissimi sapranno imboccarlo a dovere), affiancando alla vena realizzativa la caratteristica garra da guerriero. Il passaggio agli ottavi è un traguardo abbordabile. E se dovesse prendere fiducia nei propri mezzi, la Croazia potrebbe diventare un cliente scomodo per chiunque.

Turchia – La voglia di stupire, sotto la sapiente guida di un venerabile maestro. La Turchia si rimette alle geniali intuizioni del ct Fatih Terim, giunto alla terza esperienza sulla panchina delle Stelle Crescenti (l’esordio risale al lontano 1993). La qualificazione alla fase finale dell’Europeo è arrivata al termine di un percorso quanto mai tortuoso: la selezione di Terim è arrivata terza nel gruppo A, riuscendo a piazzare tre vittorie nelle ultime tre partite dopo un inizio in sordina, mettendosi alle spalle la più quotata Olanda. Qualitativamente non è tra le rose più competitive dell’Europeo, si tratta di una squadra tenace che si affida in toto alle invenzioni di Arda Turan e ai gol di Burak Yilmaz per provare a centrare un secondo posto che ad oggi sembra una chimera. Troppo fragile il reparto difensivo, con il solo Mehmet Topal in grado di offrire una parvenza di solidità.

Repubblica Ceca – La Repubblica Ceca punta tutto su un terzetto di senatori, l’asse composto da Petr Čech, Tomáš Rosický e Jaroslav Plašil è pronto a prendere per mano la squadra. Il percorso di avvicinamento ad Euro 2016 ha evidenziato la più grande debolezza della selezione allenata dal ct Pavel Vrba: i 14 gol subiti in 10 partite fanno della Repubblica Ceca la peggior difesa tra le squadre qualificate alla fase finale di un europeo. Il pacchetto arretrato a protezione della porta di Čech soffre spesso di pericolose amnesie, bisognerà tenere alta la concentrazione per evitare di complicare le sorti in un girone già di per sé ostico. Il punto di forza di forza della Repubblica ceca è sicuramente la grande disciplina tattica: a dispetto dell’età e degli infortuni, Rosický è il faro del centrocampo, l’uomo in grado di dettare i tempi di gioco e ispirare occasioni. Se l’esperienza dei veterani riuscirà a nascondere le debolezze di una squadra giovane e poco abituata a competere a livello internazionale, la Repubblica Ceca potrebbe rivelarsi un’outsider pericolosissima.

Portogallo_Ronaldo

GIRONE F – TUTTI AI PIEDI DI CRISTIANO RONALDO

Portogallo – Cambia la maglia ma non l’indiscreta tendenza a dominare. Per Cristiano Ronaldo, dopo la vittoria della Champions League con i Galacticos, è tempo di estendere la sete di vittorie anche in nazionale. Il Portogallo si stringe attorno alla sua stella e prova a sognare in grande, all’interno di un girone che non dovrebbe regalare sorprese. La qualità non manca, con i vari João Moutinho e Nani pronti a supportare la fantasia del nativo di Madera. In difesa il baluardo è Pepe, affiancato da uomini d’esperienza, nel segno di un’intesa collaudata che difficilmente dovrebbe fallire. Il ct Fernando Santos è riuscito a creare il giusto mix tra vecchia guardia e interessanti prospettive, incantando nelle ultime uscite in vista dell’esordio ad Euro 2016. L’unica incognita è legata alla fragilità di una squadra che spesso manca di cinismo. Bisognerà subito testare la consistenza dell’amalgama e archiviare in fretta il passaggio agli ottavi. Iniziare con il piede sbagliato potrebbe mettere a nudo tutti i rischi di affidarsi all’immenso talento di una sola stella.

Ungheria – Vivere soltanto di ricordi può essere pericoloso. L’Ungheria torna a partecipare ad una fase finale di un Europeo a distanza di quarantaquattro anni dall’ultima volta (Belgio 1972). Quella fu una delle ultime versioni della gloriosa Ungheria, dominatrice incontrastata a cavallo tra gli anni 50’ e 70’. Poi il vuoto, la fine di un’era con il tramonto dei suoi talenti. Il tracollo del calcio ungherese non pare essersi fermato, e la rosa a disposizione del ct Bernd Storck è tutt’altro che paragonabile all’Aranycsapat (letteralmente squadra d’oro) dello scorso secolo. La forza della selezione magiara risiede tutta nel cuore di un collettivo gregario, incline al sacrificio, ma privo di grandi individualità. Il giocatore più blasonato è il capitano Balázs Dzsudzsák, promessa mancata del calcio ungherese, autentico leader di una squadra chiamata a rievocare le gesta di un glorioso passato.

Austria – Il girone di qualificazione è stata una pura formalità: l’Austria ha lasciato terra bruciata intorno a sé, archiviando il pass per Euro 2016 con un impressionante bilancio di 9 vittorie e un pareggio. Il credo tattico di Marcel Koller, un 4-2-3-1 bilanciato nelle spaziature in mezzo al campo, ha dato alla formazione austriaca un’identità ben specifica: il fulcro del gioco passa dai piedi di David Alaba, schierato da mediano per esaltarne le qualità in fase d’impostazione, e culmina nell’efficienza realizzativa di Marc Janko, autore di 7 reti nel girone preliminare. La spinta sulle fasce è garantita dal pendolino Christian Fuchs, capace di gestire con puntualità entrambe le fasi di gioco. Le ambizioni della nazionale austriaca sono legittimamente alte, data la qualità dell’organico a disposizione, e l’accesso agli ottavi di finale alle spalle del Portogallo pare un obiettivo alla portata.

Islanda – L’ultima debuttante al ballo europeo. Per l’Islanda del ct Lars Lagerbäck si tratta infatti della prima partecipazione ad una manifestazione internazionale, un risultato storico per una selezione che oggi può fare affidamento su una generazione di giocatori discretamente affermati nel vecchio continente. Emil Hallfreðsson, Gylfi Sigurðsson e Alfreð Finnbogason sono i perni della nazionale baltica, fondata sull’alchimia tra giovani di prospettiva e vecchie glorie del calcio isolano: in tal senso ha sorpreso la convocazione del trentasettenne Eiður Guðjohnsen, un’icona del calcio islandese, pronto a mettere al servizio della squadra la sua immensa esperienza. Euro 2016 sarà un interessante trampolino di lancio per testare i progressi di un movimento calcistico nuovo, in costante crescita e colmo di entusiasmo.

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