Chi sale sul banco degli imputati?

“L’anno scorso abbiamo chiesto il Var in Champions League perché siamo stati defraudati nella semifinale con il Liverpool. Stasera c’era il Var e siamo ancora derubati. Patrik Schick ha subito un chiaro fallo in area, il Var lo mostra ma non viene dato nulla. Sono stanco di questi soprusi. Mi arrendo.”

Con questo sfogo affidato a Twitter il presidente James Pallotta archivia l’eliminazione della Roma dalla Champions League 2018/2019 arrivata dopo il 3-1 rimediato in casa del Porto che ribalta in favore dei lusitani il 2-1 del match di andata all’Olimpico.

Che la notte portoghese porti con se la saudade che si respira da quelle parti è un dato di fatto. La squadra di Di Francesco ha decisamente molto da recriminare. Per le scelte dell’arbitro turco Cakir senza dubbio. Ma anche per certi errori che, ormai ricorrenti, rischiano di diventare un marchio di fabbrica dei capitolini.

Sbaglia, ad esempio, ancora Di Francesco. La scelta di affidarsi al 3-4-3 con tre centrali di ruolo e due esterni a centrocampo che nascono come terzini puri, se da un lato trova logica nell’intento di blindare una difesa troppe volte facilmente perforata in tempi recenti (20 gol subiti nelle ultime 9 partite), dall’altro si rivela un’ostinata insensatezza nel voler negare che la squadra giallorossa quando gira lo fa prevalentemente grazie al 4-2-3-1. E’ questo lo schema che prevede Zaniolo alla Nainggolan e che la Roma sembra supportare e sopportare meglio. Zaniolo che, esterno d’attacco, invece non sfonda mai.

Sbaglia Perotti ad un soffio dalla fine dei tempi regolamentari a volersi ergere ad eroe anziché servire Pellegrini per un comodo tap-in a mezzo metro dalla porta. Sbaglia Dzeko che un attimo prima del patatrac di Cakir si divora un gol praticamente a porta vuota; errore emblematico di una serata che ha visto il bosniaco mai all’altezza della sua fama di rapace da notti europee.

Poi, certo, sbaglia anche Cakir come dicevamo. Va bene il rigore concesso al Porto. Non va bene invece non aver voluto in alcun modo valutare con l’ausilio del VAR quello netto che c’era su Patrik Schick un attimo dopo.

Pur volendo però sposare la linea di Pallotta, quella per cui la Roma è stata derubata, c’è anche un’altra verità: quella giallorossa è una squadra mal messa ed in crisi; da oggi probabilmente anche psicologica. Ed a voler essere onesti non è certo questa una novità.

Se lo scorso anno la remuntada ai danni del Barꞔa ed in generale l’ottimo percorso in Champions League avevano contribuito ad offuscare il calmino balbettante in campionato e la scellerata notte di Anfield (che occasione persa!), l’eliminazione agli ottavi per mano dei comunque non irresistibili portoghesi di Coinceicao ed un andamento in Serie A sulla falsariga di quello dello scorso anno fanno salire, adesso si, inevitabilmente Di Francesco sul banco degli imputati.

Ma permetteteci di dire che il traghettatore tanto invocato da alcuni in queste ore ci sembrerebbe decisamente una scelta inadeguata. Siamo sicuri che se la barca affonda è sempre e solo colpa del comandante? O provando a guardare la cosa da un altro punto di vista: chi comanda veramente la Roma, Di Francesco o James Pallotta?