Il Celtic e quel circolo vizioso

Odsonne Edouard Celtic

Dopo sette giornate di campionato la classifica della Scotland Premiership recita: Hearts 19, Hibernian 14, Kilmarnock 13. Non trovate nulla di strano? Ma certo! È infatti praticamente impossibile non notare l’assenza dal (provvisorio) podio del Celtic.

L’avvio di campionato dei Campioni di Scozia in carica è stato infatti piuttosto balbettante. O meglio, dopo un inizio fulmineo con quattro vittorie in altrettante uscite (Livingston, Heart, Hamilton ed i cugini dei Rangers le vittime) i biancoverdi hanno vissuto di stenti la parte centrale di settembre rimediando prima un pareggio sul campo del St Mirren (0-0) e poi una sconfitta (2-1) sul campo del Kilmarnock. Ieri poi il ritorno alla vittoria nel match contro l’Aberdeen (1-0 con gol di Scott Sinclair). Una vittoria che però non ha consentito alla squadra di Brendan Rodgers di recuperare punti sugli avversari, anch’essi tutti vittoriosi nei rispettivi match.

Non chiamiamola crisi. In primis perché sette giornate sono poche per trarre conclusioni affrettate. In secondo luogo perché sappiamo tutti che quando sarà il momento di tirare le somme è molto probabile che il Celtic guarderà tutti dall’alto della classifica.

Fatto sta che l’avvio di campionato dei biancoverdi non è stato dei più esaltanti. A prescindere dai 13 punti in classifica che ad oggi valgono il quarto posto, sono altri i numeri ad essere inquietanti. Ad esempio quelli dei gol fatti e dei gol subiti che segnano ad oggi una misera differenza di +3 derivante dalle 7 reti segnate a fronte delle 4 subite.

C’è da dire che a voler individuare una caratteristica peculiare del Celtic 2018/2019 questa è probabilmente il pragmatismo. La squadra di Rodgers infatti, ad eccezione dell’esordio stagionale in Premiership che l’ha vista trionfare 3-1 in casa con il Livingston ha per il resto portato a casa le altre quattro vittorie tutte di misura e per 1-0.

 

 

Sicuramente sulla scarsa prolificità dell’attacco biancoverde ha inciso la cessione al Lione di Moussà Dembélé lo scorso anno autore complessivamente di 16 reti e 9 assist in 39 presenze stagionali per un totale di 2.411 minuti: in altre parole, un gol ogni partita e mezza. Una sentenza in pratica.

Quello di Dembélé è un trasferimento che ha portato nelle casse del club scozzese la bellezza di 22 milioni di euro che sommati ai 7,9 incassati per la cessione di Armstrong al Southampton (ed ai circa 2 derivanti dal trasferimento di Sviatchenko al Midtjylland) hanno consentito al Celtic di racimolare complessivamente ben 31 milioni di euro e chiudere in attivo il mercato per circa 20 milioni considerato che gli acquisti hanno cubato nel complesso circa 11 milioni di euro tutti spesi unicamente per portare al Celtic Park Odsonne Edouard, classe ’98 del PSG autore sin qui in 12 apparizioni complessive di 4 reti di cui 3 nella fase eliminatoria della Champions League.

Che il Celtic punti ormai prepotentemente su un modello economicamente sostenibile non è più un mistero. Quello chiusosi al 30 giugno 2018 è stato per il club scozzese un esercizio da record economicamente e finanziariamente parlando.

I 101,6 milioni di sterline di ricavi fatti registrare dai biancoverdi rappresentano infatti un record storico per il club. Così come importanti sono i profitti ante imposte che hanno raggiunto quota 17,3 milioni dai 6,9 della stagione precedente.

L’Amministratore Delegato del club, Peter Lawwell, ha affermato: “Il reclutamento e lo sviluppo dei giocatori continuano a essere fondamentali per il club. Il nostro obiettivo è sempre quello di portare giocatori che miglioreranno la squadra. Data la qualità della nostra formazione attuale, è un compito impegnativo, reso più difficile dall’iperinflazione nelle commissioni per i trasferimenti e dai salari dei giocatori sul mercato. Tuttavia, il nostro obiettivo è investire tutto ciò che possiamo senza mettere a rischio il club”.

Il fine ultimo è dunque quello di creare una gestione eccellente da un punto di vista patrimoniale dove eventuali sacrifici sono inevitabilmente previsti in ambito sportivo con una rosa, quella messa a disposizione di Rodgers, che anno dopo anno è costretta a rinnovarsi almeno negli elementi chiave con i problemi di equilibri da ritrovare che ciò comporta. Un circolo vizioso; un circolo non sempre virtuoso.

Perché se è vero che ciò in Premiership generalmente non rappresenta un problema sul lungo periodo, qualche grattacapo in più lo genera in Europa. Dove il Celtic, ahimè, dal 2003, anno in cui i biancoverdi raggiunsero la finale di Coppa Uefa a Siviglia persa poi contro il Porto di Mourinho, non è più riuscito a trovare una sua dimensione.