La Lazio perde 3-0 a Leverkusen e saluta la Champions. Analisi di una disfatta

Una Lazio brutta, molle e inconcludente esce con le ossa rotte dalla Bayer Arena di Leverkusen e dice addio al sogno Champions. Netto, ben più del risultato, il 3-0 rifilato dai tedeschi ai capitolini.

Nella notte che valeva due stagioni, la scorsa e quella attuale (sia dal punto di vista del morale che da quello economico), solo un errore la Lazio non avrebbe dovuto commettere: rinunciare a giocare la partita. Non l’ha pensata così evidentemente Stefano Pioli che è sceso in campo con un 3-4-3 che rispolverava, con un moto di orgoglio tutto italiano, l’antica tradizione del catenaccio e contropiede. Scelta che forse avrebbe anche potuto dare i suoi frutti. Se accompagnata però dalla ricerca di un calcio di qualità, specialmente in fase di ripartenza. Qualità che però non potevano garantire, e questo era chiaro sin dalla lettura delle formazioni, Onazi e Parolo, da sempre portatori e non certo sorgenti d’acqua. L’equivoco tattico e tecnico è stato talmente evidente per tutti e novanta minuti che il quesito diventa d’obbligo. Se Cataldi è considerato da società e tecnico il vice Biglia, ed il modo in cui è stato condotto il mercato dei capitolini sin qui questo suggerisce, qualcuno dovrà spiegare come mai il giovane centrocampista romano stasera non solo non è partito titolare ma non ha calcato il terreno di gioco neanche per un secondo.
Il tentativo matto e disperatissimo di contenere gli attacchi di un Bayer intenso, quadrato e tutto pressing che seppur trascinato dalle giocate pregevoli di Calhanoglu e Bellarabi resta comunque ben lontano dall’essere il Barcellona (o il Manchester United, avversario che poteva uscire dall’urna dei sorteggi), reggeva per quaranta minuti fatti di campanili da una parte all’altra del campo ed inframmezzati solo al 25′ dal palo colpito di testa da un Kiessling libero di svettare indisturbato in area. Poi, di punto in bianco, si sgretolava la colonna su cui avrebbe dovuto reggere l’intero impianto di gioco di Pioli: De Vrij. L’olandese inspiegabilmente chiama l’uscita di Berisha su un pallone filtrante rasoterra senza rendersi conto di avere l’avversario francobollato alle spalle. Un errore gravissimo per un fuoriclasse del suo calibro. Ne nasce un batti e ribatti che alla fine viene capitalizzato da Calhanoglu. Una doccia fredda per la Lazio che non viene metabolizzata negli spogliatoi. Infatti la ripresa si apre con un errore di Mauricio che da posizione laterale tenta un insensato anticipo su Mehmedi ciccando il pallone e lanciando il giocatore a tu per tu con Berisha che, per non essere da meno dei compagni, si unisce al festival dell’orrore facendosi superare sul suo palo.

Ci sarebbe ancora speranza. Ai biancocelesti basterebbe un gol per centrare la qualificazione. Ma questo vorrebbe dire cominciare a giocare a calcio palla a terra. Un’impresa disperata in questa serata tedesca. Keita ci prova ma i difensori del Bayer hanno imparato la lezione dell’andata. Il folletto laziale non ha mai occasione di lanciarsi in profondità e dimostra, nonostante dalle parti di Formello si provi a far passare altro messaggio pur di indorare la pillola, che non è affatto una prima punta. Nota a margine: un vice Biglia ed un centravanti (aggiungiamo anche un terzino sinistro) erano e rimangono esigenze di mercato da colmare indipendente dal discorso Champions. Perché non si sia provveduto per tempo resta un mistero.
Candreva e Felipe Anderson non toccano praticamente mai palla; stessa sorte di Kishna quando viene mandato in campo. Premesso che il brasiliano è sempre più simile a quello della prima parte della scorsa stagione e non a quello valutato quaranta milioni, resta il fatto che trarre giudizi stasera è azzardato perché troppo labile è il confine tra le colpe del tecnico e la fragilità caratteriale di giocatori attesi a fare la differenza in certe partite.
Che il matrimonio non sia da fare diventa infine evidente quando la Lazio rimane in dieci per l’espulsione per doppia ammonizione di Mauricio. L’inferiorità numerica annichilisce ulteriormente i biancocelesti che comunque ad essere onesti non avevano dimostrato particolare furore, anzi. Il gol del 3-0 siglato praticamente allo scadere da Bellarabi non fa altro che legittimare la supremazia del Bayer e certificare l’ennesimo mancato salto di qualità della Lazio. Un peccato. E le colpe sono da cercare all’interno di Formello. Perché l’urna era stata veramente benevola.