Il derby di Siviglia, una partita da vivere

L’atmosfera del Villamarin ha acceso ancor di più la notte di Siviglia, impegnata tanto per le elezioni politiche quanto per il Gran Derbi, l’evento della domenica, che tutti i sivigliani aspettavano ormai da mesi. La giornata tipica di un cittadino medio della capitale andalusa può essere dunque sintetizzata così: pranzo domenicale con la famiglia, un salto al collegio elettorale e poi Heliopolis, dove sorge l’immenso tempio del Real Betis.


Gran Derbi aficion, Bétis
Fonte: Bétis Sevilla Facebook

L’atmosfera pre derby

Già prima dell’arrivo dei pullman delle due squadre le strade sono stracolme di tifosi, che cantano, urlano, ballano in mezzo alla strada. Vogliono farsi sentire, nonostante l’ampio schieramento di forze dell’ordine presenti sul posto. Esplode anche qualche petardo, ma nulla di preoccupante. Los aficionados vincono già la prima parte del Derbi, va a loro il premio per lo spettacolo più bello fuori dalle mura dello stadio.

L’arrivo del Real Betis è stato lento, trionfale, accompagnato da una sola voce verde e bianca di appassionati e da una serie di poliziotti a cavallo che hanno arginato il cammino del mezzo a quattro ruote. Non bastavano di certo le transenne per fermare quel nutritissimo gruppo di gente innamorate, che stava solo sfogando il proprio amore prima di prendere posto in quella tribuna.

Al contrario, l’arrivo del Siviglia al Villamarin è stato veloce, quasi intriso di una paura strana, visti i tempi che corrono a Nervion. Fischi e contro fischi, rumori assordanti, ma il pullman fortunatamente passa, con tutta la squadra al completo chiaramente.


Bétis celebrating
Fonte: Betis Sevilla Facebook

L’esperienza di Siviglia

La visione dalla tribuna stampa è molto più di ciò che possa sembrare teoricamente. Si può pensare che con 60mila posti a sedere la zona destinata ai giornalisti sia quasi sulla sommità, o che il campo sia distante e i giocatori non si vedano assolutamente. Tutto il contrario. Lo spettacolare forma dell’impianto concede al giornalista un’immagine molto più definita di tanti altri stadi, sia più piccoli sia più grandi. E, con un motivo in più per battere quella tastiera, ci siamo accomodati attendendo l’entrata in campo dei giocatori.

Ovazione per i portieri del Real Betis, pioggia di fischi per quelli del Siviglia, naturalmente. Il gelido venticello di novembre è stato fermato dalla grande passione dei tifosi di casa, fieri nel cantare il loro inno quanto nell’esporre uno striscione ricco di simboli, legati sia alla città sia al club. Tutto ciò carica come non mai la banda Rubi, che parte forte e fa anche paura ai ragazzi di Lopetegui, che volevano sicuramente trovarsi in un qualsiasi altro angolo della Terra piuttosto che lì. Morale della favola, il Siviglia paradossalmente approfitta della pressione avversaria, passando a condurre alla primissima occasione creata da Ocampos. Pallone vagante in area, tiro che non ha pietà di Joel, che probabilmente la vede partire troppo tardi quella cannonata.


Lucas Ariel Ocampos, Sevilla
Fonte: La Liga

Reazione bética, orgoglio Siviglia

Per una strana legge ancora non scritta la fortuna continua a non girare per Fekir, che prova a rianimare il Betis a più riprese. Invano. La dea bendata ha baciato ancora una volta l’attaccante che doveva far panchina, il ragazzo proveniente dalla squadra B che forse poteva solo portare le valigie ai nuovi top player arrivati. Fatto sta che di questi due, uno stava in panchina a guardare quel meraviglioso movimento e l’altro era sul campo, a fare quasi da comparsa.

Ed ecco Loren, che da distanza ravvicinata insacca alto un pallone alle spalle di Vaclik, divorato dall’urlo che segue la rete che vale l’1-1. Un’azione immortale, costruita proprio sotto il settore dedicato agli ultras biancoverdi. E pazienza se nella ripresa De Jong punirà, sempre in quella stessa porta, con la sua prima firma nel Gran Derbi, decisiva, precisa, bruciante per tutto il Villamarin.


Gran Derbi, Bétis lost
Fonte: La Liga

Riassunto del Gran Derbi

Un fuoco di dolore che ha avvolto quasi tutti i cinquanta mila tifosi giunti per assistere alla sfida, eccezion fatta per quella porzione alta di anello che ospitava gli ultras del Siviglia, che hanno cantato anche dopo il fischio finale insieme ai propri idoli, che non sorridevano in casa dei rivali dal 2016, e neanche in campionato.

Numeri a parte, il Gran Derbi ha regalato emozioni autentiche al popolo di Siviglia, che sia contento o meno per i risultati provenienti dalle urne, che sia dannato o salvo per il risultato proveniente dal prato verde. Ed è un giudice severo, soprattutto in quei match che non sono solo semplice stracittadine, ma questioni di onore, rappresentanza, questioni di vincere o di andare a casa senza neanche dire una parola sulla via del ritorno.

E sta anche in questo la bellezza del Gran Derbi, di gustarsi la vittoria o soffrire la sconfitta nel più breve tempo possibile, pensando già al prossimo che arriverà, al prossimo che dovrà essere o biancorosso o biancoverde, in base alla prospettiva da cui si pensa e si immagina lo stesso. Non un semplice incontro di calcio, ma un confronto intenso, fra due parti opposte della stessa meraviglia: Siviglia.