Il re ungherese e la concorrenza perfetta: gli elementi del successo magiaro

Dopo due partite nel girone F svetta in prima posizione a sorpresa l’Ungheria, che prima dell’inizio dell’europeo in molti davano per sfavorita. In effetti, analizzando la formazione, la selezione ungherese è l’unica nel suo girone e una tra le poche in tutta la competizione a non contare nessuna stella internazionale nella propria formazione, essendo composta totalmente da giocatori provenienti da campionati secondari, come allo stato dei fatti è in questo periodo quello magiaro. Nonostante ciò la Nazionale allenata dal tedesco Bernd Storck grazie alla vittoria sull’Austria e al pareggio in extremis contro l’Islanda è ad un passo dalla qualificazione agli ottavi dato che probabilmente anche in caso di sconfitta contro il Portogallo rientrerà tra le quattro migliori terze. Eppure nelle prime due apparizioni ha mostrato tutti i suoi limiti: il modulo utilizzato finora è un 4-4-2 che può trasformarsi nel 4-2-3-1, ma che sostanzialmente prevede la classica difesa a quattro, un regista (Gera) che si abbassa ed imposta la manovra, possibilmente cercando di scavalcare il centrocampo con lanci a favore degli esterni, e una punta forte fisicamente che impegni la difesa avversaria e si faccia valere in area sulle palle alte; il possesso palla spesso è prolungato ma farraginoso, l’obiettivo è di far uscire allo scoperto gli avversari nell’azione di pressing e inserirsi nei buchi della zona “nemica”, ma la lentezza del ritmo impedisce di sfruttare qualsiasi errore commesso dai rivali sportivi. Proviamo allora a capire quali sono gli elementi che hanno permesso il verificarsi di questa situazione inaspettatamente favorevole che il popolo ungherese sta seguendo con entusiasmo:

Il re ungherese. Gabòr Kiraly, in ungherese “Re”, è il calciatore più anziano ad aver mai messo piede in campo in un Europeo di calcio. L’eclettico portierone dell’età di 40 anni e 2 mesi non vive più il periodo di forma di quando era l’idolo dei tifosi dell’Herta Berlino, e l’errore da cui è nato il fallo da rigore per l’Islanda lo dimostra, ma ha quelle caratteristiche necessarie per tenere unita una squadra e per trasmettere la giusta carica ai compagni. Oltre ad avere un lunga esperienza internazionale, Kiraly porta ancora con sè lo spirito di chi gioca a calcio anche per divertimento e non solo per mestiere. I pantaloni di tuta grigi che indossa praticamente da sempre sono un simbolo residuo nel calcio moderno della mentalità con cui calcavano i manti d’erba i nostri genitori e i nostri nonni, che terminato il turno di lavoro si fiondavano al campo e badavano più alla comodità che allo stile, estraniandosi da ogni costruzione mentale imposta dalla società per sfogare l’istinto ludico ed infantile che ogni uomo conserva per tutta la vita. Il rifiuto dei pantaloni delle divise proposte dagli sponsor delle diverse squadre, le uscite spericolate al limite dell’area, i passaggi all’indietro sotto le gambe e i rinvii in allenamento facendo rimbalzare il pallone contro la traversa della propria porta sono alcuni risvolti concreti di questa concezione dello sport. Sta di fatto che nella sua persona si incontra il giusto mix di storia, leggenda e spensieratezza che può conferire allo spogliatoio la carica e il gusto del divertimento che servono ad una squadra per trovare quell’armonia di gruppo che spesso è l’elemento in più per arrivare ad un successo sportivo.

Concorrenza perfetta. Non è una novità che la tattica nel calcio si sta uniformando portando le squadre di tutto il mondo a praticare un calcio tatticamente molto simile, e possiamo dire che la scuola ungherese ne abbia beneficato, dato che dal 1954 non è più emersa tra le protagoniste a livello internazionali. Sotto il profilo dell’informazione si può paragonare la situazione attuale ad una concorrenza perfetta, in cui tutti i commissari tecnici dispongono della stessa quantità di dati dei concorrenti, potendo seguire ogni partita e consultare ogni statistica all’istante grazie alle televisioni e alle apposite piattaforme informatiche. Tutti hanno preso il meglio da tutti, e la differenza tra le varie scuole nazionali si è affievolita fino quasi a scomparire a vantaggio del pensiero unico, che ha creato grande equilibrio. L’Ungheria ha dato il suo apporto con Ferenc Puskàs, una delle prime e migliori versioni di centravanti di manovra da cui nasce l’odierno falso nueve, ed ha attinto allo stesso tempo studiando l’organizzazione di gioco, il pressing, la difesa a zona e tutte le altre caratteristiche che da anni fanno parte del modello unico. Se è vero che gli ungheresi fanno fatica a creare gioco è ache vero che è difficile fargli gol, come del resto a molte altre squadre: l’unica rete subita finora deriva da un errore individuale di Kiraly. Solo la bravura individuale e l’errore umano per ora stanno rompendo gli equilibri di Euro 2016, e per ora l’Ungheria è stata più attenta che distratta. Risultato: 4 punti in due partite.

Avversarie. Obiettivamente bisogna anche considerare lo stato di disgrazia che sembra non voler abbandonare il Portogallo, uscito con soli 2 punti dai confronti con Islanda e Austria, mentre queste ultime due non hanno mostrato rispettivamente l’esperienza e la forza sufficienti per imporsi in una competizione di alto livello.