Pensavo fosse amore invece erano Yuan

Carlos Tevez, trentatré anni il prossimo 5 febbraio, è appena diventato il calciatore più pagato del pianeta. Merito dello  Shanghai Shenhua che ha deciso di ricoprire l’argentino di soldi con un contratto da 38 milioni netti a stagione ovvero circa 110 mila euro al giorno. Sorride il numero 10 e sorride anche il Boca Juniors che intasca dall’operazione circa 11 milioni di euro dopo aver riabbracciato nell’estate del 2015 il giocatore prendendolo praticamente gratis dalla Juventus. Ecco, è forse il popolo bianconero quello che sorride un po’ meno. Società e tifosi, senza distinguo. Marotta e Paratici si staranno probabilmente mangiando le mani per aver abboccato così facilmente all’appello accorato di Tevez che poco più di un anno fa si era affacciato nelle stanze del potere bianconere manifestando un’irrefrenabile saudade per l’Argentina e per la squadra del suo corazon, quel Boca Juniors dove il giocatore voleva a tutti i costi tornare per chiudere la carriera. Seguirono giorni struggenti colmi di lacrime e tentativi di far cambiare idea all’argentino matti e disperatissimi. Ma alla fine il volere del giocatore ebbe la meglio. Il commiato commosso da Torino e dallo Stadium fu toccante. L’impressione che si ebbe è che si stava celebrando l’addio ad un grande giocatore ed in fin dei conti ad un grande uomo. Vera la prima. Non necessariamente la seconda. Almeno nell’ottica dei tifosi bianconeri che in queste ore stanno inondando il web di messaggi carichi di tanto odio e poco, pochissimo amore, rivolti all’argentino. Ma c’è un errore di fondo alla base di tanto astio. Anzi due.

Il primo è considerare una bandiera un giocatore che ha vestito la maglia della Juventus per appena due stagioni. Certo, parliamo di annate belle intense e ricche di soddisfazioni, personali e di squadra, con un contributo di 39 reti in 66 presenze. Numeri di tutto rispetto certo, ma comunque ben lontani da statistiche o scelte di personaggi del calibro di Boniperti, Scirea, Del Piero od ancora Chiellini, Bonucci e soprattutto Claudio Marchisio per cercare di essere ancora più attuali. Tutti giocatori che hanno creato con la Juventus un legame viscerale, dall’alto contenuto simbolico. Giocatori iconici. Carlos Tevez è stato invece un campione di passaggio. Uno che per altro, per fortuna della Juventus, ha deciso di esprimersi al massimo livello proprio nei suoi anni torinesi dopo una carriera spesa, anche a causa del suo carattere, nella terra di confine che separa una promessa mancata da un top player. La landa per intenderci dei buoni giocatori. Paese ambito da tanti ma non certo meta prediletta di chi è nato con l’etichetta del fuoriclasse. Se è in parte vero che nel calcio di oggi non esistono più bandiere è forse altrettanto vero che non sempre si è in grado di riconoscerle.

C’è poi il secondo errore di fondo. Consiste nel considerare i giocatori di calcio come un qualcosa completamente avulso dalla realtà. Parliamo invece di persone. Sarebbe pertanto corretto analizzare la situazione con la giusta onestà intellettuale. Quella che probabilmente ci porterebbe a considerare un pazzo chi rifiuta 38 milioni di euro per nove mesi di calci ad un pallone. Ecco, Carlos Tevez non è un pazzo. E non è neanche un traditore per il solo fatto di aver deciso di ingoiare la saudage per un pugno (un bel pugno a dire il vero) di soldi. E comunque, anche volendone fare una tragedia, di certo non ha tradito la Juventus. Semmai il problema è dei tifosi del Boca Juniors, sedotti imboccando un viale del tramonto che ha improvvisamente svoltato ad est. Lì dove il sole sorge. E dove, pare, piovono Yuan.