Era il 6 agosto 2017. All’Alfheim Stadion, che è il secondo stadio situato più a nord d’Europa dopo il Finnmarkshallen, Tromsø e Molde s’affrontarono per la 18° giornata di Eliteserien. Quel giorno, una promessa del calcio scandinavo, Sander Svensen, festeggiò i vent’anni. Il Tromsø aveva appena ingaggiato un nuovo tecnico, il 44enne finlandese Simo Valakari, il cui esordio fu rovinato da una sconfitta (1-2) patita per mano di un 17enne norvegese subentrato dalla panchina. Anche lui non era sconosciuto, ma l’aria da parvenu dipendeva – allora – prettamente dalla carriera paterna, sviluppata in Premier League dove il figlio nacque. Il suo nome era Erling Braut Håland.

Quello fu il primo gol tra i professionisti di Håland. Quattro giornate dopo, a metà settembre, Erling decise una trasferta sul Viking (2-3), proprio a Stavanger dove suo padre Alf-Inge Rasdal nacque il 3 novembre 1972. A fine gara, parlò di «un sogno divenuto realtà». Il Dagbladet, tra i più influenti quotidiani norvegesi, scrisse di lui: «var det som om Molde slapp løs en okse», che tradotto vuol dire «è come se il Molde avesse mandato in campo un bue». Peraltro Erling, quella rete, neppure la festeggiò: «Non ho esultato in alcun modo, ho solo voluto gioire». Emerse in quell’occasione una sua sfumatura caratteriale, ovvero il temperamento gelidamente equilibrato, quasi impassibile, che oggi è noto ai più.

Ole Gunnar Solskjær sapeva di avere tra le mani un ragazzo d’oro. Gullgutt in norvegese non indica solo l’allievo prediletto da un maestro, ma pure un atleta olimpico capace di eccellere fino a vincere la medaglia d’oro. Håland non ha ancora vinto medaglie d’oro, eppure il 24 marzo 2018 segnò una doppietta in un memorabile 2-5 rifilato dalla Norvegia U20 ai pari età tedeschi. Tre giorni dopo si ripetè contro la Scozia, in una folle gara che la Norvegia conduceva (2-0) salvo poi pareggiare (4-4).


Erling Håland
Fonte: Dagbladet

Anche il 9 aprile 2018, in un durissimo 4-0 subito dal Molde per mano del Rosenborg, non poterono fare a meno di tessere le lodi del ragazzo: «Quando tutto il Molde ha fallito, solo un 17enne ha combattuto contro gli avversari». Quel 17enne era Håland, a cui erano bastati 35’ per impressionare. Lo stesso Håland che in estate s’era ammalato gravemente e fu ricoverato nell’ospedale – pediatrico, ovviamente – di Alesund. Lo stesso Håland che a Marbella, nella preparazione pre-stagionale, dovette ingozzarsi di cibo per aumentare di massa muscolare. Lo stesso Håland, in conclusione, che Ole Gunnar Solskjaer si aspettava: forte, impressionante. «Da quest’inverno, ha messo su dieci chili di muscoli – disse il mister – ma è nella mentalità che è forte, riesce a vincere duelli con compagni più esperti. Penso ci sia qualcosa di non originale in lui, forse la mentalità inglese, ma pure la luminosità e un’energia fantastiche».

Le voci si diffusero in fretta. «Kall meg den nye Carew», «chiamatemi il nuovo Carew», era la targa di un carro sul quale tutti ambivano improvvisamente a salire. Nacque peraltro una competizione ben più seria, perché il tecnico dello Stabæk entrò a gamba tesa: «Hugo Vetlesen ha 18 anni ma gioca in nazionale U19, è una potenziale miniera d’oro. Molte persone parlano di Braut Håland, ma quanti gol ha segnato in Eliteserien? Okay, ha un fisico forte, ma si deve valutare sul numero di reti e in Europa ci sono molti diciottenni che segnano molto». A sentirlo oggi, parrebbe un’eresia.

Nella settimana tra 1 e 8 luglio 2018, poi, in due gare contro Brann e Vålerenga – sotto gli occhi dello scout Tommy Møller Nielsen, inviato appositamente per lui dal Manchester United – Håland segnò quattro reti e dispensò un assist in 130’. Prima di incontrare l’uragano Håland, il Brann aveva subito sole 5 reti in 14 gare ed era noto per la sua forza difensiva. Piccolo particolare: il poker di Håland avvenne in soli 21’. Con quelle quattro reti, la carriera del ragazzo decollò per davvero.


Erling Håland
Fonte: Dagbladet

L’ex difensore Jesper Mathisen, commentatore dell’Eliteserien, descrisse le cose dalla sua prospettiva: «Håland è quasi irreale, dopo tutto ha incontrato buoni difensori centrali come Vito Wormgoor, Bismar Acosta, Jonatan Tollås Nation e Felipe Carvalho». Anche a Pål Arne “Paco” Johansen fu chiesto un parere: «La prima volta che l’ho visto era a un allenamento col Bryne, nello scorso gennaio. Il Molde l’ha cresciuto con attenzione, lui è un ragazzo affamato e un marcatore cinico. Quando è diventato il capocannoniere delle qualificazioni agli Europei, mi disse d’esser dispiaciuto per non aver segnato di più!».

Con queste premesse, nell’agosto 2018 Erling Braut Håland partì per Salisburgo, accompagnato dal padre Alf-Inge e dal consigliere Tore Pedersen, coi quali s’era diretto a Montecarlo per incontrare Mino Raiola, agente tra gli altri di Zlatan Ibrahimović, che Erling vede da sempre come sua ispirazione. Tornato a Molde, Håland s’allenò normalmente ma il ds del club – Øystein Neerland – fu indaffarato dall’andirivieni di giornali. Era uscita la notizia di un’offerta, da 60 milioni di NOK, con ulteriori 40 milioni di bonus.

Il fenomeno Håland, ovviamente, non conobbe fine. Il 16 agosto 2018 segnò una doppietta nel 3-0 sull’Hibernian, permettendo al Molde di raggiungere i playoff di Europa League. Di quella serata si ricorda principalmente lo sguardo attonito del tecnico degli Hibs, Neil Lennon, paparazzato in un’espressione talmente curiosa che il Daily Record la mise in prima pagina il giorno dopo, accompagnata da una didascalia altrettanto memorabile: “Crash Halanding”.


Erling Håland
Fonte: Dagbladet

Erling Braut Håland era già stato stigmatizzato nei tratti psicosomatici di uno «snikmorder med babyfjes», ovvero un cecchino con la faccia da bambino. La sua crescita s’era manifestata per caso: come detto, il 1° luglio 2018 segnò quattro reti al Brann e fi lì fino al 29 ottobre il suo score recitava 10 reti e 4 assists in 13 gare. Curioso come nelle 26 gare precedenti il 1° luglio 2018, Håland avesse soltanto racimolato 4 reti e 1 assist.

Forse è anche per questo che ci si è accordi di Håland improvvisamente. Come quando chiese maggior scremature alle domande dei giornali, parlando proprio di una serie di «risposte Håland» per schernire la poca invettiva dei giornalisti, a suo dire, monotoni. Quella di Håland è la storia di un 19enne di Bryne alle prese con problemi ai polmoni la settimana prima di una partita contro il Liverpool, ad Anfield: «Nella mia testa, sentivo che sarei voluto uscire fuori ad allenarmi, ma sono stato costretto a restare a letto, a pensare molto».

La tripletta in Champions League al malcapitato Genk, un record da debuttante strappato a Wayne Rooney. Il cambio di cognome, da Håland a Haaland, consigliato da Mino Raiola perché l’assenza di ångström aumenterebbe l’appeal internazionale del suo assistito (e, conseguentemente, il prezzo). L’imminenza di un trasferimento a Manchester, laddove però rifiutarono che una percentuale sulla futura rivendita fosse eventualmente un giorno finita nelle tasche di Raiola. Così Dortmund, la Ruhr, una smodata voglia di superare le 181 presenze in Premier del padre. Da cosa nasce cosa, e Håland nasce dalla Norvegia: «Senza la mia educazione a Bryne non sarei dove sono oggi. L’ambiente lì è speciale, mi ha fatto restare umile e mi ha dato sempre da lavorar sodo».