Genoa – Sampdoria è una di quelle partite che si aspettano per mesi, ovvero dal giorno successivo all’ultimo incontro tra le due maggiori squadre della città. Il derby di Roma è il derby della capitale e non si discute, il derby di Torino è una sfida avvincente, ricca di storia, ma da troppo tempo i rapporti di forza sono impari. Il derby della Lanterna non è niente di tutto questo: è fascino, speranza, mistero e religione, un po’ come la gente di mare che non smette di guardare cosa c’è al di là delle onde irrequiete. Genoa – Sampdoria è domani sera, alle 20.45, ma è difficile resistere con le mani in mano ed il cuore che batte, e allora non ci resta che tuffarci nel mare più bello di tutti, quello del passato.
Correva l’anno 1994. Quando si entra in crisi già d’inverno il campionato si fa duro, ma quando la crisi arriva prima del derby, in gioco c’è la storia. Il Genoa non ha più tempo per pensare, e poco tempo prima di quel 4 dicembre non resta altro da fare: via Marchioro, dentro Claudio Maselli, il mister delle giovanili; ci si affida all’esperienza di Tacconi e Schuravy. La Sampdoria è guidata da Sven-Goran Eriksson, la formazione è di una bellezza disarmante, praticamente la storia presente e futura della serie A: Zenga, Vierchowod, Lombardo, Evani, Gullit, Mancini, e vale la pena di menzionare anche il promettente Maspero, che parte dalla panchina. E’ incredibile come una formazione del genere non sia ai vertici del campionato, ma qualche anno di troppo si fa sentire anche sulle spalle dei fuoriclasse: si lotta per il piazzamento Uefa.
I capitani si scambiano gli stendardi, trascorrono quattordici minuti poveri di emozioni ma carichi di tensione, ed è subito storia. Difesa blucerchiata larga, tutti a guardare Schuravy, e invece spunta Miura, che si trova nella condizione di dover solo toccare la palla per scavalcare Tacconi uscito in ritardo. E’ il gol che tutti vorrebbero segnare: in occasione del derby, facile, e storico: è infatti il primo gol di un giapponese in serie A. Delirio a Marassi, i rossoblù fanno in festa. Forse per troppo tempo, perché non passa neanche un minuto e questa volta è Vierchowod, a svettare nell’area genoana, raccogliendo un morbido cross proveniente da una punizione dalla tre quarti ed a siglare il classico gol del difensore arcigno. 1-1 e palla al centro, ma il Genoa e scosso, le poche certezze acquisite fino a quel momento iniziano a barcollare, e la Samp prende in mano il pallino del gioco.
Tempismo, velocità, eleganza, visione di gioco, senso della posizione, tecnica, semplicità. Dopo meno di dieci minuti di affanno il Genoa cade ancora, ferito dalle prodezze di Jugovic e Lombardo, autori di un’azione magistrale. Lo jugoslavo avanza con indifferenza, a testa alta, guardando sulla destra, passa a sinistra, in profondità, per la Saetta Attilio Lombardo che taglia la nutrita difesa genoana, mette a sedere Tacconi, e appoggia di sinistro in rete. Uno di quei gol che fa male, quando tifi per gli altri, ma che sai benissimo che è giusto così, a certe giocate non c’è scampo. Il primo tempo termina 2-1 per i doriani.
La ripresa è una lotta, il derby non si può perdere il Genoa prova a reagire, reagisce, scalpita, non molla la presa, ma il Grifone a questo giro non è in forma. Rimane in partita fino all’80, quando il subentrato Ricky Maspero, mette tutta la sua voglia di emergere in una punizione a due dal limite. La direzione è giusta, la potenza non è granchè, ma Tacconi non è in giornata: la tocca ma la devia in porta. 3-1 e partita finita. Quasi. Il derby non finisce, non prima che l’ultimo dei tifosi, dei magazzinieri, degli addetti alla sicurezza, sia tornato a casa e si sia addormentato, prima di risvegliarsi e pensare già al prossimo. A tre minuti dal termine del tempo regolamentare il Genoa tenta il colpo di coda. Galante la spunta nella mischia della disperazione, ma sembra non voler tirare. Ha il controllo della palla, attende il primo rimbalzo, non tira ancora, i rossoblù sono in apnea, dai che tira, e invece controllo di petto: la palla scende giusta, ma sul sinistro, dai che la prova lo stesso, è a due metri, non può sbagliare. E invece non se la sente: altro rimbalzo, altri decimi di secondo che mettono a repentaglio le coronarie dei presenti al Marassi, altre bestemmie, perché non si muove, perché abbiamo preso Galante, perché non compriamo mai uno buono, mille pensieri, mille agonie, prima del destro che insacca Zenga.
Il gol di Galante regala uno di quei finali strani. Brividi di terrore per i doriani, se si pareggia resta nella storia per secoli. I genoani sono contenti, si riaccende la speranza, ma allo stesso tempo lo maledicono, perché razionalmente sanno che ormai non si pareggia più, manca troppo poco e in campo sono troppo stanchi, e potevano starsene lì tranquilli ad elaborare la sconfitta nei minuti finali. E invece li aspetta un’altra logorante illusione, tifare nei minuti finali è faticoso, e un’altra delusione, perché effettivamente il Genoa non pareggerà.
La Sampdoria alla fine dell’anno terminerà ottava, il Genoa dodicesimo, con i derby in pari perché al ritorno sarà rivincita; ma questa è un’altra storia.