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Correva l’anno 1986: la Steaua Bucarest di Duckadam e Jenei è sul tetto d’Europa

Corre l’anno 1986. Il 28 gennaio lo Space Shuttle Challenger esplode nella fase di decollo. Muoiono tutti e sette gli astronauti a bordo. Il 10 febbraio a Palermo, nel carcere dell’Ucciardone, si apre il maxi processo contro la mafia. Sei anni dopo Falcone e Borsellino pagheranno con la vita la ricerca della verità. Sempre nel 1986 invece, dieci giorni più tardi, il 20 febbraio, Silvio Berlusconi acquista il Milan. Il 4 aprile Giovanni Paolo II si reca in visita nella sinagoga: è il primo Papa nella storia della Chiesa a farlo. Il giorno seguente, a Berlino, un attentato terroristico in una discoteca frequentata da militari americani provoca tre morti ed oltre 200 feriti. Ronald Regan, presidente degli Stati Uniti d’America, accusa la Libia di sostegno al terrorismo palestinese. La flotta americana di istanza nel Mediterraneo si mobilita davanti le coste libiche. Il 15 aprile squadriglie di bombardieri americani piombano sulla capitale libica e distruggono la residenza di Gheddafi. Nel pomeriggio di quello stesso giorno si narra che due missili Scud vengano lanciati verso Lampedusa. Chi fosse il mittente non è mai stato chiarito. Anzi, c’è chi dubita che l’azione sia realmente avvenuta. Fatto sta che il ministro della Difesa, Giovanni Spadolini, punta il dito contro la Libia. L’Italia, tendenzialmente filo araba, fa un passo indietro e dichiara l’embargo di forniture di armi nei confronti della Jamairiah. Il 26 aprile invece, a Cernobyl, in Ucraina, il reattore numero 4 della centrale nucleare cittadina esplode. Nei giorni successivi una nube radioattiva contaminerà buona parte dell’Europa. Le conseguenze si faranno sentire per decenni. Il 30 aprile l’Italia si connette ad internet per la prima volta. Il 16 maggio esce nelle sale Top Gun. Il grande successo di pubblico del film farà conoscere al mondo il suo attore protagonista: Tom Cruise. Poco meno di 10 giorni prima, il 7 maggio per la precisione, allo stadio Ramon Sanchez Pizjuan di Siviglia la Steaua Bucarest vince la sua prima ed unica Coppa dei Campioni.

Corre l’anno 1986. Siamo nell’anno uno dopo l’Heysel. Il calcio dopo la tragedia di Bruxelles non è più lo stesso. E neanche la Coppa dei Campioni. Il numero delle partecipanti si è infatti ridotto di due unità. Oltre a quella dell’Everton, campione di Inghilterra estromesso in virtù della squalifica dalle coppe internazionali di cinque anni inflitta ai club inglesi dall’UEFA, si conta la defezione anche degli albanesi del 17 Nentori, la squadra di Tirana. Non solo. La Juventus, che in qualità di detentrice del trofeo sarebbe di diritto ammessa agli ottavi di finale, chiede di anticipare il suo ingresso nella competizione sin dal primo turno così da scontare il prima possibile, in nome dell’incasso, il doppio turno a porte chiuse sanzionato dopo la notte dell’Heysel che altrimenti avrebbe ragionevolmente portato i bianconeri a giocare ottavi e quarti di finale senza pubblico. Il numero dispari dei partecipanti e la richiesta della Juventus costringono l’UEFA ad effettuare un sorteggio tra le teste di serie per qualificarne direttamente una agli ottavi di finale. Tra Aberdeen, Anderlecht, Austria Vienna, Barcellona, Bordeaux, Bayern Monaco, IFK Göteborg e Porto la spuntano i campioni del Belgio dell’Anderlecht. La squadra di Scifo insieme al Barcellona di Schuester è senza dubbio tra le favorite per la vittoria finale. Buffo come la Steaua le pescherà entrambe lungo il proprio cammino.

Il percorso della Steaua verso Siviglia comincia in realtà molti anni prima. La squadra, la più grande polisportiva rumena di fatto di proprietà del Ministero della Difesa e fiore all’occhiello del regime di Ceauşescu, con l’inizio degli anni ’80 attraversa una lunga crisi. La mancanza di fondi statali ed una classe dirigente non adeguata portano ad un digiuno che solo l’avvento di Emerich Jenei riesce a spezzare quando, nella stagione 1984-85, la Steaua torna a conquistare il titolo dopo sette lunghi anni di digiuno. Anche grazie ad Anghel Iordănescu. Storia buffa la sua. Di ruolo centravanti, entra nelle giovanili del club che ha 12 anni ed in Romania vestirà solo la maglia della Steaua realizzando tra il 1968 ed il 1982 la bellezza di 155 gol che ancora oggi lo rendono il miglior marcatore nella storia del club. Poi, nel 1982, Iordănescu decide di lasciare Bucarest per accasarsi all’OFI Creta in Grecia. Tornerà a casa due anni dopo nelle vesti di vice-allenatore come secondo di Jenei. Scendendo però in campo come sostituto nella finalissima di Siviglia.

Ma andiamo con ordine. La bravura di Emerich Jenei e del suo secondo Anghel Iordănescu è quella di saper costruire un gruppo solido e ben amalgamato che poggia su capitan Stoica, sull’elegante libero Belodedici, sui bomber Piţurcã e Boloni e sulle parate del portiere Duckadam. La Steaua non gioca certo un calcio champagne. Ma è una squadra organizzata ed ostica da affrontare. Una di quelle squadre che imposta il suo gioco con l’unico obiettivo di non fare giocare l’avversario. Un gioco attendista ed ostruzionistico imperniato sul contropiede. Insomma, il calcio champagne non c’entra proprio niente. La Steaua è proprio brutta da vedere. Però il sistema è efficace e vincente.

I primi due turni di Coppa dei Campioni, sedicesimi ed ottavi di finale, sono decisamente abbordabili. Sulla sua strada la Steaua incrocia i danesi del Vejle Boldklub e gli ungheresi dell’Honvéd: nel complesso, tra andata e ritorno, un 5-2 con i primi ed un 4-2 con i secondi. Sulla carta sembrano abbordabili anche i quarti di finale dove il sorteggio propone i finlandesi del Kuusysi Lahti. Considerato che l’urna poteva proporre sfide da brividi contro Bayern, Juventus, Barcellona od Anderlecht c’era da stare allegri. Ed invece come spesso accade in questi casi, quando due squadre fanno del non gioco il loro scopo è evidente che aggiudicarsi la posta in palio dipende dalla fortuna. Il Kuusysi Lahti è un po’ lo Steaua di Finlandia e fino a quel momento ha eliminato le più blasonate Sarajevo e Zenit Leningrado ergendo una roccaforte e colpendo di rimessa. L’andata si gioca a Bucarest e finisce 0-0. Il match di ritorno vede i padroni di casa pericolosissimi in più occasioni. Ma all’87’ è Lacatus, in mischia, a siglare il gol qualificazione. E’ semifinale dove la Steaua pesca il favorito Anderlecht. La favola di Belodedici e compagni sembra giunta all’epilogo. Tanto più che in Belgio i rumeni escono sconfitti in virtù della rete di Vincenzino Scifo quando il cronometro segna il minuto 76.

Ma a Bucarest la Steaua compie il capolavoro. Senza perdere d’occhio l’equilibrio, Emerich Jenei schiera i suoi all’attacco e dopo appena 4 minuti la situazione torna in parità grazie al diagonale mancino di Piţurcã. Al 23’ il tiro al volo di Balint consente ai rumeni di mettere la freccia mentre la doppietta di Piţurcã al 71’ regala l’assoluta certezza del pass per Siviglia facendo esplodere il Ghencea. La Steaua è in finale di Coppa Campioni e se la vedrà contro il Barcellona che nell’altra semifinale viene travolto 3-0 in Svezia dall’IFK Göteborg ma al Camp Nou restituisce il favore riuscendo a prevalere infine ai calci di rigore.

Calci di rigore che saranno decisivi anche per l’assegnazione del trofeo. A Siviglia si gioca davanti a 70 mila spettatori praticamente tutti catalani. Per paura che potessero fioccare richieste d’asilo politico infatti la dittatura di Ceauşescu consente appena a mille funzionari rumeni di seguire la squadra in quella che, a prescindere dal risultato, è una serata storica per la Steaua ed il calcio rumeno in generale. Quella del Ramon Sanchez Pizjuan non è la finale più brutta in assoluto della Coppa dei Campioni. Ma si colloca probabilmente al secondo posto subito dietro Stella Rossa-Olympique Marsiglia. Non succede praticamente nulla sia nei regolamentari che nei supplementari. Si va ai rigori. L’imponderabile rischia di diventare realtà. Dagli undici metri tutto diventa possibile. Anche che la Steaua batta il super favorito Barcellona.

E quello è il progetto del fato che per regalare alla storia l’impresa dello Steaua sceglie come eroe il suo portiere, Helmut Duckadam. Urruticoechea, portiere del Barcellona, para i tiri di Majearu e Boloni. Duckadam non è da meno e respinge le conclusioni di Alexanko e Pedraza. Poi Lacatus segna e la Steaua è in vantaggio. Sul dischetto arriva Pichi Alonso: Duckadam para bloccando addirittura la sfera. Balint non sbaglia il rigore successivo. Il destino ora è nei piedi di Marcos Alonso Pena o nelle mani di Duckadam. Dovrebbe decidere il fato. Ma il fato ha già deciso. La Steaua Bucarest diventa la prima squadra del blocco orientale a vincere la Coppa dei Campioni.

Duckadam, mister 4 rigori parati su 4, diventa l’oggetto dei desideri di mezza Europa. Lo United sembra ad un passo da quello che il Corriere dello Sport all’indomani della notte di Siviglia aveva ribattezzato il Superman rumeno. Ma un’improvvisa trombosi alle mani stronca la carriera del giocatore. C’è una versione accreditata, ma smentita dallo stesso Duckadam, che narra che in realtà a scrivere la parola fine sulla vita agonistica dell’estremo difensore rumeno sia stato Valentin Ceauşescu, figlio del dittatore Nicoale, vendicandosi con un pestaggio affidato alla Securitate, la polizia segreta del regime, del fatto che il portiere si era rifiutato di consegnarli la Mercedes regalatagli dal Real Madrid in segno di gratitudine per aver battuto gli storici rivali del Barcellona. Quale sia la verità poco conta. Duckadam e la Steaua Bucarest erano ormai già entrati nella storia.