Il peggior nemico della Juventus? La condanna (auto inflitta) a vincere

Questo mercato estivo che ancora non si è concluso ma che così poco promette da qui a fine agosto ci ha privati del gioco tipico che quelli come noi malati di pallone amano fare sotto l’ombrellone: il toto-scudetto.

È così scontato che alla fine a vincere sarà la Juventus che viene quasi più naturale parlare del fascino e delle implicazioni tattiche di alcuni sport che abbiamo scoperto esistere esclusivamente durante queste olimpiadi di Rio che trascendere in discussioni para-filosofiche, a noi in genere più consone, sul perché Napoli, Roma od Inter potrebbero od in qualche modo dovrebbero anche solo minimamente impensierire i bianconeri nella corsa al sesto scudetto consecutivo.

dybala-juventus

Diciamolo subito chiaro e tondo. Se la Juventus dovesse mancare l’obiettivo scudetto sarebbe più che lecito parlare di fallimento. A meno che Madama non dovesse raggiungere e vincere (questo l’obbligo) la finalissima di Champions League. Perché quella bianconera è una squadra costruita con il chiaro e dichiarato intento di sollevare a maggio la coppa dalle grandi orecchie. Atto considerato necessario per poter affermare di aver definitivamente riportato la Juve nell’olimpo del calcio mondiale appena una decade dopo la discesa agli inferi targata calciopoli. La vittoria della Champions sarebbe il giusto coronamento e probabilmente anche il prossimo passo naturale di un progetto di rifondazione societario e sportivo che ha già portato da almeno un triennio il club a raggiungere quel livello di autofinanziamento economico necessario per fare il grande salto e restare incollati all’élite calcistica europea. Dopo la finale di Berlino di due anni fa, restare stabilmente nelle prime quattro dell’Europa che conta è per la dirigenza bianconera l’obiettivo minimo delle prossime stagioni. Anche perché la Juventus può permettersi il lusso di competere in un campionato dove la concorrenza non riesce a mantenere il passo. Anche (se non esclusivamente) per il declino, culminato con la cessione della proprietà, di quelli che storicamente sono stati i nemici calcistici e non solo di Madama. Parliamo di Inter e Milan ovviamente.

La Juventus sembra aver intrapreso nell’ultimo quinquennio un percorso simile a quello seguito anni or sono dal Bayern di Monaco. Dopo quattro anni di programmazione e crescita step by step (dallo stadio di proprietà alla valorizzazione della rosa finalizzata alle plusvalenze) i bianconeri sembrano aver deciso, a partire da questa finestra di mercato, di abbandonare la linea della cautela ed effettuare il salto di qualità puntando su campioni affermati. Strappandoli magari alla concorrenza. Indebolire gli altri per rinforzare se stessi. Una strategia che soprattutto all’interno dei confini nazionali, dove comunque il livello almeno tattico è più alto che negli altri campionati, può aiutare nel raggiungere senza patemi d’animo l’obiettivo minimo (lo scudetto) consentendo di concentrare gli sforzi, fisici e mentali, sul colpo grosso. In questa ottica debbono leggersi gli acquisti, anche salati, di Pjanic e Higuain, due giocatori che completano la Juventus e finiscono invece per mutilare Roma e Napoli che nonostante i soldi incassati hanno dovuto accontentarsi di soluzioni di ripiego o quanto meno chiamate ancora a dimostrare il loro reale valore. Difficile insomma spingersi oggi ad affermare che Milik valga un Higuain. Diverso sarebbe se il Napoli riuscisse ad arrivare ad Icardi. Questo sarebbe si un colpo da novanta anche per gli azzurri. Fermo restando che come insegna un vecchio adagio calcistico, le partite si vincono a centrocampo. E rose alla mano il confronto in mediana resterebbe impietoso.

Simone Zaza of Juventus is going to score the winning goal during the italian serie A soccer match Juventus FC - SSC Napoli at Juventus Stadium, Turin, 13 February 2016. ANSA / ANDREA DI MARCO
Simone Zaza of Juventus is going to score the winning goal during the italian serie A soccer match Juventus FC – SSC Napoli at Juventus Stadium, Turin, 13 February 2016. ANSA / ANDREA DI MARCO

Tutto facile allora? Neanche per sogno. Il peggior avversario che la Juventus dovrà fronteggiare la prossima stagione sarà proprio se stessa. O meglio, le aspettative (altissime) che si sono venute a creare intorno alla squadra di Allegri. Come detto, vincere lo scudetto è il risultato minimo. Unica eccezione alla regola è la finalissima di Champions. Tutto potrebbe anche tornare. Dando però per scontato che il cammino in campionato proceda senza intoppi di sorta. Ma è forse proprio in Serie A che si nascondono forse le maggiori insidie per la Juventus.

La vittoria non sembra in discussione ma ci sono almeno un paio di incognite. La prima è rappresentata dalla voglia di strafare. Dopo cinque anni di scudetti dal sapor di passeggiata, uno dei quali condito anche dal record assoluto di punti, trovare nuovi stimoli in ambito nazionale non è poi così scontato. Quello di Serie A è un campionato che si vince grazie alla regolarità, qualità che di certo non è mai mancata ai bianconeri in questi anni. Ma la tentazione di lasciare spazio alle seconde linee specialmente in tempi di Champions potrebbe fiaccare la tensione e costringere Allegri a puntare giocoforza sullo zoccolo duro, quello dei fuoriclasse puri per intenderci, nel periodo clou della stagione (generalmente febbraio-aprile). È vero che la Juventus può contare su una rosa che le permetterà di schierare una squadra più che competitiva a prescindere dagli interpreti, ma questo è vero soprattutto in campionato. È un po’ meno vero invece in Europa dove classe ed esperienza fanno la differenza. Se qulcosa va storto, addio turnover.

Resta poi il fatto che vincere la Champions è esponenzialmente più difficile che trionfare all’interno dei confini nazionali. Quelle europee sono competizioni dove una serata storta può compromettere tutto. E questa volta un’eliminazione anticipata, magari sciagurata come quella con il Bayern dello scorso anno, comporterebbe molto probabilmente un duro contraccolpo psicologico che riporterebbe tutti bruscamente con i piedi per terra (seconda incognita).

Ecco, appunto, il Bayern. Pensando alla storia recente della Juventus e provando ad immaginarne il futuro prossimo il paragone con i bavaresi è piuttosto ricorrente. E proprio i bavaresi insegnano che arriva un punto nella storia di un grande club in cui vincere uno scudetto dietro l’altro non basta più. Un momento in cui vincere la Champions diventa quasi un’ossessione (a tal proposito ci si può rivolgere per ricevere conferme anche a Madrid). Un’ossessione che spesso e volentieri resta un miraggio per anni. Nonostante il favore del pronostico, un macigno tanto pesante quanto difficile da scrollarsi di dosso. Perché spesso e volentieri, a furia di pensare agli altri, finisce che ci si dimentica di guardarsi le spalle da se stessi e da quella condanna a vincere auto inflitta. Un grosso in bocca al lupo dunque a Massimiliano Allegri.