La metamorfosi del Leicester

Una metamorfosi kafkiana. Così si può provare a riassumere la stagione del Leicester di Ranieri che un anno fa, a inizio febbraio, guardava tutti dall’alto in basso della classifica per poi andare a vincere la prima (storica) Premier League, e che adesso è ad un solo punto di vantaggio sulla terzultima in classifica con l’incubo retrocessione che rischia sempre più di trasformarsi in un’amara realtà. I punti conquistati dopo 24 giornate l’anno scorso erano 50, quest’anno 21. Meno della metà. Un altro dato indicativo circa il periodo no delle Foxes riguarda i gol fatti. In campionato sono appena 24 ma quel che è più indicativo è che nel nuovo anno i campioni d’Inghilterra in carica sono l’unica squadra tra le prime quattro categorie inglesi (Premier League, Championship, League One e League Two) a non essere andata a segno. Statistica emblematica che testimonia quanto questa metamorfosi sia generalizzata. Che fosse realisticamente impossibile ripetere l’impresa della stagione scorsa era probabilmente fuori discussione sin dagli albori di questa stagione, soprattutto considerando l’impegno in Champions League (nuovamente alle porte) che ha succhiato via energie psicofisiche alla squadra. Però un campionato così sofferto se l’aspettavano in pochi in estate. Cos’è successo al Leicester, allora?

La cessione di N’Golo Kanté al Chelsea è stato probabilmente il primo tassello che ha fatto saltare gli equilibri del Leicester. La partenza del francese si è rivelata una perdita pesantissima per le Foxes, incapaci di trovare un degno sostituto in quella porzione di campo. Un interditore con pochi eguali al mondo in questo momento, capace di spostare e reggere da solo gli equilibri di una squadra, dando freschezza e libertà di manovra al resto della truppa. Lo sapeva Ranieri e lo sa anche Antonio Conte che ha fatto di N’Golo Kanté il perno del Chelsea capolista. Ma la classifica problematica del Leicester non è soltanto figlia della cessione di Kanté. Lo è anche – forse soprattutto – di una condizione fisica e mentale diametralmente opposta a quella della scorsa stagione. L’anno scorso c’erano stati gli exploit di Jamie Vardy e di Ryhad Mahrez su tutti. Di Vardy e della sua favola se n’è parlato tanto e a lungo: la storia bellissima dell’operaio che diventa campione d’Inghilterra è emozionante e resterà scolpita nella storia del calcio d’oltremanica. Ma il Jamie Vardy di questa stagione è sicuramente un giocatore diverso. Non brocco, certo, ma meno grintoso e combattente. Sicuramente involuto. La grande fame di riscatto che aveva contraddistinto Vardy e compagni la scorsa stagione pare essersi saziata alla conquista del titolo. Del resto era questo il rischio maggiore per Ranieri. Il senso di realizzazione e di compiutezza sono comprensibili, soprattutto per chi viene da categorie dilettantistiche dopo essersi sentito ripetutamente ripetere che nella vita non ce l’avrebbe mai fatta. Ma è indiscutibilmente Jamie Vardy il grande assente di questa stagione. Sebbene non sia l’unico ad essere sotto tono. Anche il rendimento di Huth e Drinkwater finora non è all’altezza della scorsa stagione.

Discorso diverso invece quello su Ryhad Mahrez, esterno destro dal sinistro educatissimo, ma molto limitato dal numero (e dalla qualità) di palloni che tocca a partita, complice in questo caso l’assenza di Kanté (tutto torna). Nella metamorfosi kafkiana Gregor Samsa, protagonista del romanzo, dopo essersi svegliato con le sembianze di un insetto pensò si trattasse di un incubo, e dopo essersi abituato non senza fatica alla realtà, venne emarginato da tutta la propria famiglia, a parte la sorella, la quale, per un periodo, gli fece trovare del cibo e gli pulì la camera. Gli diede affetto e supporto, quello di cui Gregor aveva bisogno, finché le circostanze non cambiarono e il signor Samsa rimase abbandonato a se stesso, morendo in solitudine e tristezza. Claudio Ranieri non è si è svegliato insetto, ma quando la panchina è sembrata traballare e si aveva la percezione che potesse rimanere da solo in un momento delicato come quello che sta vivendo la sua squadra, la società ha ribadito il proprio sostegno incondizionato al tecnico italiano dimostrandogli gratitudine, affetto e supporto. Quello di cui Ranieri aveva bisogno.

Ora però è responsabilità del tecnico romano far ritrovare fame e motivazioni ai suoi ragazzi, considerando che gli ottavi di Champions League siano alle porte. E il Leicester, alla sua prima apparizione nella massima competizione europea, può trovare da sé gli stimoli giusti per provare a fare bene in coppa, cercando di riflettere l’entusiasmo europeo anche in campionato. Perché la classifica ne ha bisogno e perché Ranieri sa che nel calcio molte situazioni possano cambiare velocemente, ma lui al contrario di Gregor Samsa ha il destino nelle proprie mani: con 14 partite ancora da giocare e con 42 punti in palio, i campioni d’Inghilterra possono ancora raddrizzare la stagione. Per poi guardarsi indietro ed accorgersi che quello della retrocessione è stato solo un brutto sogno. E non invece realtà.