Serietà, concretezza, senso di responsabilità. Sono i valori sui quali insiste Dino Zoff nell’autobiografia “Dura Solo un attimo, la gloria“. Rappresentano il filo conduttore della vita di un uomo prima che di uno sportivo. Dino Zoff, unico italiano ad aver vinto un Mondiale e un Europeo, nonché il portiere ad avere la più lunga striscia di imbattibilità nella storia delle Nazionali di calcio, adesso vive a Roma, dove ha allenato e ricoperto la carica di Presidente dal 1994 al 1998. Quando Dino Zoff risponde alle nostre domande appare sereno, consapevole di quello che ha rappresentato per una generazione di italiani, disponibile a ripercorrere la sua storia e a trasmettere quei valori a lui tanto cari.
La sua carriera da professionista è partita dalla provincia: Udine e Mantova prima di sbarcare a Napoli. Quali possono essere le insidie di una grande città e cosa concretamente ha favorito il suo ottimo inserimento in città: “Credo che dipenda molto dall’individuo. La grande città ti mette più in risalto, ma chi si perde nelle grandi città si può perdere anche in realtà più provinciali. A Napoli mi sono inserito bene perché c’era stima reciproca con l’ambiente, sicuramente ha aiutato molto il fatto di lavorare bene da subito”.
E’ mai stato avvicinato da esponenti della criminalità organizzata: “Mai, assolutamente, erano altri tempi”.
Un luogo e una persona che le mancano di Torino: “Le mancanze sono tante, non c’è una persona o un luogo in assoluto, difficile dirlo. Mi sono sempre trovato bene dappertutto, però sono sradicato, sono friulano”.
Una persona con cui ha condiviso molto a Torino era Scirea, che come lei aveva un carattere molto riservato. Crede che oggi sia ancora un valore positivo la riservatezza: “E’ questione di opinioni, dipende dall’utilità che ricopre, non voglio darle un valore positivo a prescindere. Personalmente non so che utilità possa avere tutto questo pubblicizzare, io sono per le cose concrete, non capisco la necessità delle esibizioni, non amo le sceneggiate”.
In una precedente intervista lei ha dichiarato: “lo sport deve migliorare l’uomo”. Cosa intendeva precisamente: “Lo sport insegna a perdere, ad essere giudicati. Durante una partita si è sempre soggetti al giudizio esterno dell’arbitro, si impara ad andare avanti, a giocare senza reagire”.
Quando giocava Dino Zoff i calciatori trattavano direttamente con i dirigenti. Pensa che oggi i procuratori siano davvero una garanzia per giovani calciatori: “Non credo che i procuratori siano così importanti da decidere da soli per i calciatori, spesso la scelta definitiva dipende da loro, hanno la responsabilità di quello che fanno. Il procuratore dovrebbe guidare l’assistito come un buon padre di famiglia“.
Nell’autobiografia Dino Zoff bacchetta a più riprese la stampa per criticare senza conoscere. Come si spiega questo modo di fare? Lo ha notato in qualche testata in particolare: “Spesso è questione di mode, uno inizia a dire qualcosa e tutti gli corrono dietro. E poi molto dipende dagli uomini che scrivono, di antipatie e di simpatie, non credo che dipenda dalle testate, come lo sport il giornalismo è fatto di uomini”.
Dino Zoff è stato presidente della Lazio dal 1994 al 1998. Che rapporto aveva con Cragnotti? Condivideva il suo modo di gestire la società: “Con Cragnotti avevo un ottimo rapporto, si è sempre avvalso della mia collaborazione sia da allenatore che da presidente. I problemi finanziari furono più del gruppo che della Lazio. In ogni caso è pacifico che fossi un presidente senza portafoglio anche se avevo le mie responsabilità, mi occupavo principalmente della gestione tecnica e organizzativa della squadra”.
Da c.t. della Nazionale scelse di non convocare Roberto Baggio per Euro 2000: “Sì, in quel periodo non era in forma e decisi di non chiamarlo”.
Quali sono a parere i valori che permettono a questa Juve di essere vincente in Italia e di essere tra le grandi d’Europa: “Ci sono tanti ingredienti: le condizioni finanziarie della società, lo stadio di proprietà sono importanti, ma contano anche i comportamenti, dell’allenatore e della stessa società”.
Dino Zoff ha spesso indicato Buffon quale suo erede. Chi vede tra i giovani che può ripercorrerne le orme: “Tra i giovani direi che Donnarumma si sta mettendo in evidenza alla grande, poi dipenderà da lui mantenere le promesse”.
Gli consiglia di rimanere al Milan o di ascoltare le sirene straniere: “Gli consiglio di stare dove si trova bene, avrà tempo di andare dove vuole più avanti”.
Quanto era sentita nell’ambiente del calcio la paura degli anni di piombo? Il terrorismo di oggi come le pare a confronto: “Gli anni di piombo li sentivamo anche noi calciatori ma non tanto in qualità di sportivi, non ne eravamo direttamente coinvolti. Oggi credo che sia la stessa cosa”.
Quali sono i progetti di Dino Zoff per il futuro: “L’età anagrafica si fa sentire, non dico come certi miei colleghi che hanno ottant’anni di sentirne venti (ride n.d.r.). Seguo ancora lo sport, ovviamente il calcio ma anche l’automobilismo, mi godo la mia famiglia e mi concentro sulla salute”.
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