Certo, per noi italiani è senza dubbio più familiare la dolorosa tragedia dell’Heysel del 29 maggio 1985; quella delle 39 vittime, prevalentemente nostri compatrioti, rimaste uccise negli scontri che precedettero la finale di Coppa dei Campioni tra Juventus e Liverpool di quell’anno. Ed a proposito di Liverpool, chi non conosce la strage di Hillsborough del 15 aprile 1989?
Le tragedie che cambiarono il calcio inglese
A Sheffield quel giorno si giocava, su campo neutro come da regolamento, la semifinale di FA Cup tra i Reds ed il Notthingam Forest. Ai tifosi giunti da Liverpool venne riservata la Leppings Lane, che con i suoi 14.600 posti era la curva meno capiente dell’impianto. Gli oltre 21 mila posti della Spion Kop End vennero infatti assegnati ai tifosi del Forest. Una follia considerata la folla che generalmente seguiva la squadra del Mersey in giro per l’Europa.
A mezzora dall’inizio del match il settore riservato ai tifosi del Liverpool si presentava praticamente vuoto. Questo nonostante i biglietti fossero andati tutti esauriti. La colpa era degli appena sei ingressi a disposizione per consentire l’afflusso dei tifosi nella Leppings Lane (quelli per accedere alla Spion Kop End erano invece ben 60).
Al fischio di inizio del match si scatenò l’inferno. I tifosi che ancora si trovavano fuori dall’impianto si accalcarono al Gate C della Leppings Lane, ingresso che consentiva l’accesso alla porzione centrale di curva che, a sua volta, poteva contenere al massimo circa duemila persone. Venne a crearsi una sorta di imbuto con gli spettatori già presenti sugli spalti che finirono schiacciati contro le robuste recinzioni che dividevano le tribune dal campo; sorte che toccò anche a quelli rimasti intrappolati nel tunnel di ingresso del Gate C.
La polizia, che in un primo momento non percepì la gravità dell’accaduto, decise di intervenire caricando chi, per mettersi in salvo, cercava una via di fuga verso il campo scavalcando le recinzioni. Ci vollero circa 13 minuti per realizzare quanto stava succedendo. Un lasso di tempo troppo lungo per le 96 persone (79 delle quali avevano meno di 30 anni) che quel giorno persero la vita.
Molti anni prima, in Scozia, qualcosa di simile era accaduto in un derby tra Celtic e Rangers di Glasgow. Quello passato alla storia come Il secondo disastro di Ibrox si verificò il 2 gennaio 1971. Il Celtic passò in vantaggio quando il cronometro segnava ormai quasi l’89’. I tifosi dei Rangers, praticamente certi della sconfitta, cominciarono ad abbandonare l’impianto. Ma proprio allo scadere del match un gol di Colin Stein ristabilì l’inaspettata parità. La calca che si era creata sulla scalinata 13 fu fatale per 66 persone che morirono, principalmente per asfissia, travolte nel marasma che si scatenò al momento del gol del pareggio.
Grosso modo quello che accadde a Mosca il 20 ottobre 1982 nella tragedia del Luzhniki. Quella che, per circa sette anni, rimase insabbiata per volere del governo sovietico. E della quale, ancora oggi, non si conosce veramente fino in fondo la verità.
La tragedia del Luzhniki
Nel 1982 l’Unione Sovietica era un universo a se stante. L’embargo decretato dagli Stati Uniti come ritorsione all’invasione dell’Afghanistan del 1980 aveva debilitato un regime che, sotto la guida di Leonid Breznev, si trovava in una condizione veramente precaria. E che non aveva trovato di meglio da fare se non chiudersi su se stesso, tagliando quanto più possibile i ponti con il resto del mondo. Un pretesto in più per lavare i panni sporchi in casa. Perché, in nome del modello socialista, episodi che potessero destabilizzare ulteriormente il Paese o l’opinione pubblica non dovevano esistere. Ed anche qualora fossero esistiti, non avrebbero dovuto assolutamente venirsi a sapere. Esattamente ciò che avvenne con la strage del Luzhniki di Mosca.
Quella sera del 20 ottobre 1982 nella capitale russa si incontravano lo Spartak Mosca e l’HFC Haarlem nella gara valida per l’andata dei sedicesimi di finale della Coppa UEFA. Lo Spartak era (ed è ancora oggi) la squadra del popolo; il club per antonomasia antagonista delle due squadre del partito: quella dei poliziotti, la Dinamo; e quella dei ferrovieri, la Lokomotiv. Per questo motivo quando lo Spartak Mosca giocava in casa era in grado di attirare al Luzhniki un gran numero di spettatori. Quella sera poi i tifosi accorsi erano ancora di più.
Erano infatti tutti molto curiosi di vedere all’opera dal vivo la squadra che, nel turno precedente, era stata in grado di eliminare dalla competizione l’Arsenal. La vittoria sui Gunners maturò soprattutto grazie al 5-2 inflitto agli inglesi ad Highbury. Una partita che in Unione Sovietica non venne trasmessa perché i diritti tv erano fuori dalla portata delle emittenti governative.
Così, nonostante i 10 gradi sotto zero, quella sera per la gara con l’Haarlem si presentarono al Luzhniki oltre 15 mila spettatori (tra cui 100 temerari tifosi ospiti) che vennero fatti accomodare tutti nella Tribuna Est dell’impianto poiché il resto dei settori dello stadio, che aveva una capienza di circa 80 mila spettatori, erano ricoperti da uno spesso strato di ghiaccio.
Le condizioni climatiche ostili non aiutarono di certo gli olandesi che, alla fine del match, capitolarono per 2-0. A sbloccare l’incontro fu una rete di Edgar Gess, mezzapunta brillante di una squadra per il resto non particolarmente ricca di individualità. Ma fu il gol del raddoppio firmato allo scadere dal difensore Sergei Shvetsov a scatenare l’inferno. Perché il pubblico, dato il freddo ed una partita che, se non fosse stato per la tragedia che si sarebbe consumata da lì a poco, non aveva certo regalato altri episodi degni di nota, aveva già cominciato a defluire.
Il boato che seguì al gol di Shvetsov (che poi dichiarerà: “Era meglio se quel giorno non avessi mai segnato) richiamò nell’impianto gli spettatori fuoriusciti in precedenza che avrebbero voluto tornare sugli spalti per festeggiare con i propri beniamini. Non fu dello stesso avviso la polizia che, sbeffeggiata durante tutto l’incontro e fatta oggetto di un fitto lancio di palle di neve (o meglio, di ghiaccio) da parte dei tifosi dello Spartak, decise di consumare la propria vendetta facendo scudo ed impedendo pertanto ai tifosi di tornare all’interno dell’impianto. Una mossa che si rivelò fatale perché, nella ressa del momento, portò alla morte per asfissia di molte delle persone rimaste intrappolate nell’unico tunnel di uscita aperto per l’occasione.
Anni dopo le fonti ufficiali, in seguito ad un’inchiesta voluta da Jurii Andropov, succeduto a Breznev alla guida del PCUS, parleranno di 67 morti. In realtà sembra che la tragedia costò la vita ad oltre 300 persone. Impossibile ricostruire numeri certi. Perché la tragedia del 20 ottobre 1982 al Luzhniki venne insabbiata dalle autorità in tutti i modi possibili.
35 anni dopo non c’è colpevole e non c’è giustizia
Il giorno seguente il quotidiano Il Vespro di Mosca fu l’unico giornale a dedicare un trafiletto ai fatti della sera prima. Nell’articolo si parlava di “qualche incidente che ha comportato il ferimento di qualche tifoso”. Le autorità del Cremlino si sbrigarono anche a trovare un colpevole. La scelta ricadde su Yuri Panchikhin, sfortunato custode del Luzhniki assunto appena due mesi e mezzo prima di quella maledetta notte.
Panchikhin venne costretto ad assumersi la responsabilità di aver lasciato aperto un solo tunnel per il deflusso degli spettatori venendo condannato a tre anni di carcere che poi diventarono 18 mesi di lavori forzati. La verità, come racconterà nel 1989 il Sovetskij Sport, sembrerebbe invece un’altra. Ovvero che la polizia impose l’apertura di un unico canale di deflusso per avere l’opportunità di arrestare chi era stato identificato come lanciatore di palle di neve. Oppure che, per direttiva del Cremlino, i funzionari furono costretti a modificare alcuni certificati di morte in maniera tale che il decesso degli spettatori fosse associato ad altri luoghi e circostanze rendendo così impossibile stabilire con certezza la reale portata della tragedia del Luzhniki.
L’unica cosa che sembra certa è che quella notte vennero tenuti all’oscuro di tutto sia i giocatori dello Spartak Mosca che quelli dell’HFC Haarlem; che il 20 ottobre del 2007, a 25 anni da quella partita maledetta, si sono ritrovati al Luzhniki per un match commemorativo di una tragedia che ancora oggi, a 35 anni di distanza, rimane senza colpevoli e senza giustizia.