Win, survive, succeed, il Burnley in: “come ti batto i campioni”

In questi anni in Premier League ci si diverte abbastanza. Abbiamo visto e vi abbiamo raccontato dell’effervescente Tottenham di Pochettino e delle ignave Liverpool e Arsenal. Stiamo assistendo ad uno United spendaccione ma finalmente vincente ed elettrizzante ed un City che dopo la ristrutturazione delle fondamenta difensive forse ha trovato il suo assetto. Abbiamo visto il valzer delle panchine e gli approdi in terra inglese di Conte, Guardiola e Klopp (e anche di Mazzarri) nonché l’ennesima resurrezione di Josè Mourinho. In più siamo stati tutti testimoni del miracolo Leicester sotto Claudio Ranieri. Le ultime sorprese di questo inizio di stagione inglese si chiamano Burnley e Sean Dyche, suo allenatore.

Insieme in queste prime 5 giornate sono riusciti a prendersi lo scalpo del Chelsea e a resistere poi a Tottenham e Liverpool. Una bella impresa direte voi, ma a renderla ancora più sorprendente è il fatto che questi risultati siano arrivati tutti in trasferta.

I conti non tornano: come può una squadra che lo scorso anno si è salvata trovando la prima vittoria fuori casa solo il 29 di aprile contro il Crystal Palace e finendo comunque con 14 sconfitte, riuscire a realizzare questi numeri.? Tutti se lo chiedono tranne Dyche che da quando assunse la guida nell’ottobre del 2012 puntava a essere questo. Una realtà piccola ma capace di autofinanziarsi e sopravvivere in Premier.

Che poi il Burnley cos’è?

Burnley non è per nulla famosa e i colori delle maglie della squadra non l’aiutano a spiccare in originalità, infatti sono copiate pari pari da quelle dell’Aston Villa come tributo alla mitica squadra di inizio ‘900. Ci hanno provato tra gli anni ’10 e gli anni ’20 a usare delle divise verdi, ma si è deciso di abbandonarle perché portavano sfortuna.

La città conta all’incirca 90mila abitanti ed è sostanzialmente un piccolo centro industriale a 30 km da Manchester. L’attività principale consisteva nella lavorazione del cotone. Lo stemma della squadra è molto curioso e vede una “V” rovesciata a indicare il fiume Brun che circonda la città. Sono poi presenti i colori giallo e nero a ricordare l’ape simbolo di industriosità e una mano che ricorda il motto cittadino “Hold the truth”, assieme a un leone simbolo di regalità.

Ecco meno regale è forse il fatto di essere associati al primo episodio di “biscotto”: nel 1897 infatti uno 0-0 contro lo Stoke permise ai Clarets di non retrocedere (semplicemente perché all’epoca la permanenza o promozione nella serie maggiore era decisa con dei test match tra l’ultima della division one contro la prima della division two). Abbiamo un motto, un leone e questi episodi di affari sottobanco.

No il Burnley non è associato ai Lannister di Game of Thrones ma c’è da dire che “pagare i propri debiti” ha aiutato l’attuale gm a costruire la squadra che ha a disposizione oggi.

Sean Dyche, il Deus ex machina del Burnley

Dyche è un ex difensore centrale di Nottingham Forest, Chesterfield, Watford, Bristol City, Luton e Millwall. Ha allenato gli Hornets nel 2011 e dal 2012 siede sulla panchina del Burnley. La sua filosofia in questo contesto è semplice ed è quella che predicava Howard Wilkinson, predecessore di Don Revie e Brian Clough sulla panchina del Leeds United, meglio noto come “Il Maledetto” United.

Il mantra è: “Win, survive, succeed”, ovvero vinci la prima partita, sopravvivi a quelle che seguono e mentre lo fai puoi avere successo pianificando le prossime mosse, mettendo in scena il disegno più grande. Ecco, il piano di Sean Dyche inizia a essere messo in pratica da subito.

Al suo arrivo la squadra era quindicesima in Championship. A far infuriare Dyche furono le condizioni dell’impianto di allenamento e dello stadio: antiquate e identiche al periodo in cui lui giocava. La cosa peggiore però fu la completa mancanza di organizzazione delle finanze in quanto il premio ricevuto dalla promozione in Premier League del 2011 era stato interamente speso in una fallimentare campagna acquisti. In quel momento inizia il Bigger Plan di Dyche, ovverosia risparmio e investimento per ristrutturare gli impianti e gli spogliatoi del Turf Moor, mitico stadio del club dal 1883.

Questo preambolo ci porta a oggi e all’investimento del club di 10 milioni e mezzo di sterline per ammodernare le strutture e compiere così i progetti iniziati 5 anni fa. Spesa possibile grazie anche e soprattutto alla salvezza della scorsa stagione e ai ricchi premi derivanti dai diritti televisivi. Il bigger plan di Dyche però non si è fermato agli impianti, ma anche all’organizzazione della campagna acquisti.

Quest’estate le partenze dei due giocatori più forti Keane e Gray, ceduti rispettivamente a Everton e Watford facevano presagire un’annata agonizzante per i Clarets. Invece La vittoria fuori casa contro il Chelsea alla prima ha sorpreso tutti. Dyche ha deciso di incassare i soldi delle cessioni nel mercato e prendendo Woods dal Leeds a 15 milioni di sterline ha fatto registrare il record per il giocatore più caro della storia del club.

Il ginger coach ha deciso poi giustamente di accogliere l’attaccante neozelandese mettendogli poca pressione sulle spalle: “quest’estate sono stati infranti molti record nel mercato. Ebbene voglio che Woods sia il mio Neymar”. Il riferimento era semplicemente legato al fatto che poche sere prima Neymar avesse fatto una doppietta, ma forse si poteva trovare un accostamento migliore per un gigante di 1,91m per 94 kg.

Il calendario delle prossime trasferte vedrà ora Everton e poi Manchester City, con in mezzo le partite casalinghe contro Huddersfield e West Ham. Per lo scontro con le altre due big, Arsenal e United bisognerà aspettare il 26 novembrein casa però) per i primi e il boxing day (in trasferta) contro Mou.
Possono cambiare molte cose per gli uomini di Dyche, ma come hanno affrontato queste prime tre imprese contro Chelsea, Tottenham e Liverpool?

CHELSEA-BURNLEY 2-3

Il Chelsea arrivava dalla sconfitta ai rigori nel Community Shield contro l’Arsenal e aveva bisogno di una scossa. Contemporaneamente però Conte necessitava di ulteriori innesti dal mercato che non erano ancora arrivati. Schiera così una formazione che vedeva Rudiger in campo, Morata fuori ma il giovane Boga in campo. Scelta stranissima considerando che il ragazzo era sempre andato in prestito e non aveva mai giocato un minuto in maglia Blues.

A colpire del Burnley è la sua freddezza. A fine primo tempo sono già 0-3 con un gol su svista di Courtois, uno su punizione e un altro su inserimento di Vokes, autore per altro di una doppietta.

Il Burnley gioca all’italiana ma è cinico. Cos’altro si può dire di una squadra che finisce con solo 5 tiri contro i 13 avversari e con il 36% di possesso? Ah si, che non battevano il Chelsea dal 1971.

TOTTENHAM-BURNLEY 1-1

La partita di Wembley serve a dimostrare che se anche quello del Burnley è una cometa che rischia di esaurire la sua luce a gennaio, ebbene non va presa sottogamba. Gli Spurs passano in vantaggio con Dele Alli ma il pareggio dei Clarets arriva al 92’ grazie al “Neymar” di Dyche, Wood.

Anche qui solita partita catenacciara e cinica sotto porta. Il dato parla chiaro: 25 i tiri del Tottenham contro i 10 del Burnley e un possesso palla del 67%, a favore nettamente dei padroni di casa.

Le imprese qui sono due. La prima è che per la prima volta dal 1974 il Tottenham non batte in casa il Burnley e la seconda è il ritorno al gol in Premier di Wood dopo ben 1107 giorni di astinenza (era il 2014 e vestiva la maglia del Leicester).

LIVERPOOL- BURNLEY 1-1

Reds senza Mane ma con il ritorno in campo di Philippe Coutinho e con un corposo turnover successivo alla prima di Europa League contro il Siviglia. Per Dyche invece emergenza in porta. Heaton fuori 4 mesi a causa di una spalla slogata, al suo posto il 25enne Pope.

Con Wood l’autobus di Dyche trova il suo equilibrio. Tutti dietro a difendere e davanti la torre neozelandese pronto a fare a sportellate e anche da sponda per Arfield (i duelli aerei vinti infatti sono per il 65% a favore del Burnley). Al vantaggio di Arfield risponde al 30’ del primo tempo Salah. Protagonista di giornata Pope che nel secondo tempo effettua un grande intervento su tiro di Solanke.

Il dato qui è inquietante: Liverpool con il 71% di possesso e 35 tiri di cui 10 in porta non riesce a sopraffare un avversario da 5 tiri di cui 4 nello specchio. Quello dei Reds è il più alto numero di tiri in una singola partita dai 37 che fecero sempre loro nel 2003 contro l’Everton.

Klopp non ci sta e nel post gara accusa gli avversari di essere catenacciari…e Dyche non rifiuta l’accusa dicendo che il loro piano non era certo quello di andare in casa del Liverpool a fare gioco. In ogni caso questo vale il primo punto guadagnato ad Anfield dal 1974.

Vento di passaggio o meno fatto sta che il Burnley al momento si trova settima in classifica, a 8 punti e sopra squadre come Arsenal ed Everton. L’organizzazione di Dyche e le finanze guadagnate dalla permanenza in Premier hanno permesso anche a un piccolo club di dire la sua.

Sapendo che una storia come quella del Leicester difficilmente potrà ripetersi, è certamente però positivo vedere queste piccole realtà dare battaglia ai grandi colossi e certamente aiuta a migliorare l’immagine già positiva di una Premier League imprevedibile e ad alto tasso di competitività.