Ajax

Vivere Ajax

Strano modus vivendi quello dei lanceri dell’Ajax. Un qualcosa di unico e spesso in bilico tra la gioia infinita ed un tuffo nel baratro più profondo. Il post Van Gaal, l’ultimo condottiero in grado di trascinare i lancieri sul tetto d’Europa e del mondo, ed il cambiamento del calcio dopo la sentenza Bosman hanno pian piano logorato una squadra capace comunque di vincere titoli sia con Ronald Koeman che con Frank de Boer, ma così lontana dai fasti di un tempo a livello internazionale da sembrar quasi una nobile decaduta; la squadra che tutti sognano di incontrare ai gironi di Champions perché “squadra materasso”. Un passo dal baratro, dicevamo.  Ma anche la gioia infinita o meglio la spensieratezza con cui si vedono dei bambini giocare a calcio. La spensieratezza ed anche un po’ quella spavalderia che Peter Bosz, discreto centrocampista che ha vinto un titolo in Eredivisie con i rivali del Feyenoord nel ’93 e ha guidato di recente il Vitesse, è riuscito a trasmettere quest’anno ai suoi ragazzi creando una squadra a sua immagine e somiglianza in grado ieri sera, seppur a fatica, di portare a casa da Lione il pass per la finale di Europa League in programma il prossimo 24 maggio a Stoccolma. Obiettivo centrato nello stupore generale.

Perché le uscite estive dell’Ajax di Bosz, reduce dalla batosta del titolo perso all’ultima giornata dello scorso campionato in virtù del pareggio sul campo del De Graafschap, non sembravano onestamente incoraggianti. Prima l’eliminazione ai playoff di Champions da parte dei meno quotati russi del Rostov (1-1 casalingo e sconfitta per 4-1 sulle rive del Don) dopo aver per altro superato il terzo turno eliminatorio per il rotto della cuffia grazie alla vittoria ai danni del Paok Salonicco (1-1 all’Amsterdam Arena e 1-2 a Salonicco con rete decisiva di Klassen al 90′) ed appena quattro punti raccolti nelle prime tre partite di campionato poi, sembravano il preludio ad una stagione tragica. Nove mesi dopo, invece, la situazione si è totalmente capovolta: lo spirito di innovazione (ben 9 giocatori sotto i 21 anni hanno superato le 20 presenze stagionali) e la forte ambizione hanno portato ad un’ultima giornata di campionato (in programma questo fine settimana) nuovamente al cardiopalma con i lancieri a contendere il titolo al Feyenoord capolista con un punto di vantaggio, e guidato il percorso pazzesco in Europa League che li ha portati in finalissima contro il Manchester United dopo aver eliminato Legia Varsavia, Copenaghen, Schalke e, per ultimo, il Lione. Sfide, quelle europee, al limite della follia. Basti pensare ad esempio alla trasferta di Gelsenkirchen terminata con una sconfitta alla fine indolore per 3-2 ma con le reti qualificazione arrivate nel secondo tempo supplementare per giunta con l’uomo in meno; o la gara d’andata contro il Lione, in cui la formazione francese si è letteralmente sciolta come neve al sole davanti all’orchesta aiacide.

L’impianto di gioco dell’Ajax è chiaro. Si gioca sempre con il 4-3-3 di stampo “Michelsiano” con delle accortezze in formazione. Su tutti quelle legate al capitano Davy Klaassen e all’esperto danese Lasse Schöne: se il primo da trequartista puro è stato trasformato in un interno di centrocampo con movenze da “Box to Box”, il secondo da ala destra è stato piazzato addirittura davanti alla difesa, nei panni del regista. A completare il terzetto a centrocampo c’è quel Hakim Ziyech, cercato timidamente dalla Roma in estate, autore sino ad ora di ben 12 reti e 20 assist fra campionato e coppe. Inutile dire che le cessioni durante il mercato invernale di Riechedly Bazoer al Wolfsburg e Nemanja Gudelj ai cinesi del Tianjin Teda (fruttate quasi 18 milioni) sono ormai state archiviate senza alcun rimpianto. Cambiamenti significativi anche nella retroguardia: se in porta il partente Jasper Cillesen è stato sostituito dal camerunense Andre Onana, cresciuto nel settore giovanile dopo esser stato prelevato dalle giovanili del Barcellona, la difesa è affidata ai terzini Joël Veltman (in Europa più spesso capita Kenny Tete) e Nick Viergever (al momento è infortunato Daley Sinkgraven), dopo che nel mese di gennaio è stato ceduto Mitchell Dicks al Norwich. La coppia centrale, imprescindibile da Davinson Sanchez, acquistato da campione sudamericano con l’Atletico Nacional, ha visto al fianco del colombiano un po’ di tutto: dal già citato Viergever a Jairo Riedewald, passando per quellaa vecchia volpe di Heiko Westermann è arrivato fino a Matthijs de Ligt, assimilabile come “giocatore-metafora” simbolo di questo Ajax; giovanissimo (classe 1999), ancora un po’ ingenuo (convocato in nazionale, ha commesso due erroracci contro la Bulgaria che sono costati la partita e la panchina a Danny Blind) e impacciato ma ostinatamente sempre e comunque sul pezzo, quasi a voler dire che dagli errori si può solo imparare anche quando la pressione e la posta in gioco sono altissime. Un qualcosa di non concepibile dalle nostre parti, dove poche manciate di minuti possono inspiegabilmente decretare definitivamente il valore di un giocatore.

Dulcis in fundo, parecchia carne da mettere sulla brace anche nel reparto offensivo: dopo la partenza di Anwar El Ghazi a gennaio, ceduto al Lille per soli 7 milioni, è arrivato il brasiliano David Neres dal San Paolo ed è stato promosso dal settore giovanile Justin Kluivert, figlio di quel Patrick che fece vincere all’Ajax 23 anni fa la sua ultima Champions League ai danni del Milan di Fabio Capello. Assieme all’ormai esperto tedesco Amin Younes e al Burkinese Bertrand Traore, voluto dallo stesso Bosz dopo averlo allenato al Vitesse nel 2014-15, brilla la stella di Kasper Dolberg: 22 reti stagionali a soli 19 anni parlano da sole. Il centravanti danese ha tutto l’occorrente per poter diventare uno dei primi 10 attaccanti nei prossimi anni: fiuto del gol, progressione, forza fisica e una tecnica pazzesca che ricorda il primissimo Ibrahimovic. Fu scoperto al Silkeborg da John Steen Olsen, lo stesso scout che portò ad Amsterdam lo stesso Ibra ed i vari Eriksen, Gronkjaer, Boilesen e Fischer. Rilegati alla squadra B, ma oramai pronti per la prima squadra, ci sono anche il colombiano Mateo Casierra e il ceco Vaclav Cerny: figli di quella rete di scout lasciata in eredità dal compianto Johan Cruijff, che non si ferma entro il territorio dei Paesi Bassi o le ex colonie olandesi ma che va a cercare in giro per il globo talenti che possano fare al caso dei lancieri.

Talenti desiderati da mezza europa, al momento concentrati per poter vivere il 24 maggio a Stoccolma un qualcosa di unico. Con la possibilità, dopo oltre 20 anni, di poter riaprire un ciclo che possa durare nel tempo senza dover stare troppo al passo col mondo delle plusvalenze. Dopo il Monaco, il calcio europeo (ri)scopre anche l’Ajax.