Roberto Rambaudi

A tu per tu con Roberto Rambaudi

Fedelissimo di Zeman con le maglie di Foggia e Lazio, allenatore nella periferia romana e adesso una carriera da opinionista in Rai con cui, guarda caso, segue le partite della Nazionale Under 21. Largo ai giovani e a un calcio d’altri tempi, intuitivo, propositivo, mai banale: la dottrina di Roberto Rambaudi è la stessa del suo maestro.

Mentre assiste alle partite della Nazionale di Luigi Di Biagio, impegnata nell’Europeo di categoria in Polonia, una riflessione sorge spontanea. Roberto Rambaudi ha toccato le tre sfere di chi col pallone si guadagna da vivere: quella del giocatore, protagonista in prima persona; quella dell’allenatore, colui che guarda, valuta e coordina; quella del cronista, osservatore imparziale che dall’esterno esprime un giudizio. Se l’ambito è rimasto inalterato, a cambiare è stato il punto di vista. E’ da qui che inizia la nostra conversazione.

Si dice che per comprendere bene alcuni quadri sia necessario guardarli da lontano. E’ successa la stessa cosa anche a lei col calcio? O meglio, come è cambiata nel tempo la percezione che ha di questo mondo?

E’ un argomento molto complesso, meriterebbe ore di trattazione. Penso che la chiave per capire le trasformazioni sia il modo in cui vengono gestiti i settori giovanili. Bisognerebbe puntare come un tempo sulle basi, lavorare tanto sugli italiani e mettere gente disposta ad investire se stessa in formazione. Le persone che vogliono fare carriera non servono, abbiamo bisogno di maestri“.

In questo momento si trova in Polonia a commentare il cammino dei nostri Azzurrini. Quali sono i punti di forza e le debolezze di questa Nazionale?

E’ una squadra che in queste due partite non ha convinto, non sta bene fisicamente, anche se il percorso di qualificazione è stato affrontato molto bene. La prima partita non è stata buona ma s’è vinto, è servita come medicina. Poi ci si aspettava una reazione. La grande scoppola di martedì sera (sconfitta per 3-1 contro la Repubblica Ceca, ndr) però ha messo a nudo le solite debolezze strutturali. Abbiamo perso una partita in cui bisognava non solo vincere, ma soprattutto convincere“.

Si è spesso sottolineata l’importanza di tracciare una linea di continuità tra il lavoro svolto da Di Biagio e il ciclo iniziato con Ventura. I fatti rispettano le attese? Oggi quali sono i giocatori più pronti per incidere anche al piano superiore?

Il lavoro fatto negli ultimi 5-6 anni è stato di valore. Si stanno portando in Nazionale maggiore dei giocatori molto interessanti, giocatori che peraltro sono già protagonisti nei loro club. Poi è chiaro che bisogna maturare dell’esperienza, aspettare del tempo per amalgamare la nuova generazione con la vecchia guardia. Non è facile ritrovarsi nei ritmi, nelle consegne, in nuove e più grandi responsabilità“.

Pensando ai prospetti interessanti non si può non parlare di Gigio Donnarumma. I rapporti di forza tra calciatori, procuratori e società sono all’ordine del giorno, ma una situazione del genere non aveva mai coinvolto un ragazzo così giovane eppure tanto iconico nella sua breve esperienza al Milan. Come si risolverà la vicenda?

Donnarumma è un fuoriclasse, uno di quei giocatori che sembra esserci nato tra i pali, impressionante per bravura ed esperienza nonostante l’età. E’ un talento assoluto. Non voglio entrare nel dettaglio, è difficile fare previsioni. Diciamo che la situazione è stata gestita male su più fronti“.

Non solo giudicati in telecronaca, ma anche allenati da vicino. Un’esperienza con gli allievi nazionali alla Lazio nel 2003, poi diverse rinunce anche a categorie superiori, l’ha detto lei stesso, pur di allenare squadre giovani in cui era possibile lasciare un’impronta. Che tipo è il Rambaudi allenatore?

Ecco, ritornando al discorso dei maestri, io sono uno a cui piace insegnare calcio, far crescere i giocatori indipendentemente dalla carta di identità, giovani e meno giovani. Guardo se un ragazzo ha le caratteristiche per migliorarsi ed emergere e a quel punto cerco di farlo lavorare per esprimere tutto il suo potenziale“.

Quest’anno si è seduto sulla panchina della ASD Luiss Calcio e ha centrato Coppa Lazio e approdo in Promozione. Che esperienza è stata?

E’ stata un’esperienza fatta essenzialmente per divertimento, abbinata al lavoro di telecronista e opinionista alla Rai. L’ho fatto perché mi piace insegnare ai ragazzi. Mi chiedevano da anni di sedermi in panchina alla Luiss, alla fine ho accolto la richiesta e ci siamo tolti delle soddisfazioni. Un bel gruppo, fatto di universitari, giovani. La coppa è stata la ciliegina sulla torta di un’esperienza entusiasmante“.

Quando parla di giovani in quel modo il rimando a Zeman è chiaro. Quanto è rimasto della filosofia del boemo nel suo approccio al calcio?

Zeman è un maestro, forse il Maestro, insieme a gente come Sacchi. Fa il suo calcio senza lasciarsi condizionare, coi suoi pregi e difetti sia chiaro. Io da lui ho preso la cultura del lavoro, l’attitudine ad un calcio propositivo, fatto di idee. Ho imparato molto da Zdenek ma ognuno è diverso dall’altro. Io ho altre idee, e questo è il bello nella vita e nel calcio. Ripeto, ci vorrebbero tanti maestri che insegnino calcio a 360°“.

Che poi lei è uno dei pochi che ha avuto il privilegio di seguirne i precetti da calciatore. Dal Foggia alla Lazio, sempre con Zeman in panca, immagino che per un attaccante ci fosse da divertirsi. Che ci dice del Rambaudi calciatore?

Ero un calciatore che voleva migliorarsi e arrivare quanto più in alto possibile. Alla fine ce l’ho fatta grazie al lavoro, alla fatica e all’abnegazione. E mettiamoci dentro anche un pizzico di qualità“.

Velocità, corsa e il proverbiale vizietto del gol: la ricordiamo così. C’è qualcuno in cui si rivede?

Mi rivedo moltissimo in Callejon“.

Ultima domanda da un milione di dollari: una Zemanlandia è ancora possibile? Se sì, a quali condizioni?

Sì, di Zemanlandie ce ne possono essere tante. Dipende da cosa un allenatore vuole proporre alla società e se la società lo fa lavorare a quelle condizioni. La Spal, per esempio, ha fatto due promozioni consecutive con un buon calcio e buona organizzazione. Zeman è ancora a Pescara e se la società gli darà quello che chiede, se ci saranno i giocatori giusti e condizioni di lavoro serene, sono sicuro che sarà protagonista ancora una volta“.

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