Ritratto onesto di Antonio Cassano

Facciamo un gioco: se dico Antonio Cassano quali sono le prime due immagini che vi vengono in mente? Dagli archivi della mia memoria emergono due fotogrammi: l’incredibile magia con l’Inter all’esordio tra i grandi; lo sbarco a Madrid nella versione tamarra di un tamarro di città di provincia. Due istantanee che, a mio modestissimo parere, rappresentano la sintesi perfetta tra quel che poteva essere ed il perché non lo è stato.

Siamo oggi qui a celebrare l’addio al calcio di Antonio Cassano. Non al calcio giocato; al calcio e basta. L’addio al calcio giocato del talento di Bari Vecchia almeno per chi scrive queste poche righe è arrivato infatti molti anni fa, nel 2011, quando Fantantonio non ha trovato nulla di meglio da fare che insultare Garrone e finire (giustamente) per essere relegato ai margini della Sampdoria. Da lì in poi tanto girovagare ma poca sostanza. Nonostante il tentato ritorno a capo chino del figliol prodigo all’ombra della lanterna per tentare di espiare le sue colpe. Tentativo concesso senza troppa convinzione e miseramente fallito davanti alla scarsa volontà reale del padre di concedere il perdono. Poi l’epilogo sconcertante di Verona prima e Chiavari ora.

Il pallone mi ha dato tantissimo. Mi ha fatto conoscere persone magnifiche, grandi campioni e gente comune. Mi ha tolto dalla strada, mi ha regalato una famiglia meravigliosa e soprattutto mi ha fatto divertire da matti. Ancora oggi quando mi capita di vedere una qualsiasi partita resto ipnotizzato. È il gioco più bello che c’è. Sì, lo so, con un altro carattere avrei potuto vincere di più e giocare meglio, ma credetemi, ho vissuto comunque emozioni incredibili e oggi ho accanto a me le uniche cose che contano davvero!

Antonio Cassano

C’è poco su cui discutere. Nell’arco della sua comunque brillante carriera (quanti possono vantarsi di aver vestito in una vita sola le maglie di Roma, Real Madrid, Milan e della Nazionale), probabilmente il meglio di se Antonio Cassano lo ha espresso proprio nella prima esperienza a Genova dove la mente mi riporta con un salto carpiato all’incredibile prestazione in un derby della lanterna di qualche anno fa. Livelli mai raggiunti prima (neanche alla Roma) e mai più sfiorati poi.

Sarà che quello blucerchiato dell’epoca era un progetto abbastanza cassanocentrico; sarà che chi è nato in riva al mare quel mare poi se lo porta dentro ed ha bisogno di respirarne il profumo per sentirsi come a casa. Sarà che solo chi vive al mare è capace di accettare, almeno finché non finisce per scottarsi, quell’alternanza tanto repentina quanto disarmante tra quiete ed inquietudine di quella massa d’acqua così facilmente preda di venti e correnti.

Antonio Cassano: un mare di talento in un bicchiere d’acqua. Potrebbe anche starci; se fossi Maradona o se avessi la testa di Roberto Baggio. Ma, per dirla alla Manuel Agnelli, se non sei punk e non sei rock finisce che non sei un c…!

Si chiude allora così la storia calcistica di Antonio Cassano, 149 gol e 95 assist in 554 gare ufficiali tra club e Nazionale maggiore; uno scudetto con il Milan, una Liga in bacheca non certo da protagonista e due Supercoppe italiane vinte: una con i rossoneri ed una conquistata ai tempi della Roma. Numeri che, snocciolati sui trafiletti dedicati dai quotidiani di oggi, riassumono in poche righe 19 anni di una carriera che prometteva ben altro.