Il personaggio: la rivincita di Wes Morgan

Il passato tra i dilettanti di Vardy, Mahrez e Kante, lo scarto dalle giovanili dello United per Drinkwater, una vita da “Thinkerman” per Ranieri: le componenti del miracolo Leicester sembrano essere una vera e propria metafora di vita. Quella che ti dice di non arrenderti mai, che il treno può passare ancora e devi saperlo cogliere. Oltre ai già enunciati, sembra quasi scontato che anche il capitano di questi ragazzi stia vivendo una “seconda possibilità”: stiamo parlando di Wes Morgan, match winner nel match contro il Southampton dell’ultima domenica.

Centrale difensivo robustissimo (1,85 di altezza per 92 kili), è il perno della retroguardia dei Foxes. Non giovanissimo (classe 1984, 32 anni), non ha vissuto una carriera tutta rose e fiori. Nato a Meadows (quartiere di Nottingham con altissima concentrazione di stranieri) da genitori di origine giamaicana, viene scartato a 15 anni dal Notts County, una delle cinque squadre più antiche del mondo, e continua gli studi. A 17 sostiene un provino con i rivali del Nottingham Forrest e questa volta tutto va bene: 10 anni con la maglia dei Forest e 402 presenze. fra Championship e League One, con la fascia da capitano indossata diverse volte. Nonostante tutto ciò, nel gennaio 2012 viene ceduto al Leicester per un milione di sterline, come il peggiore degli scarti: definito “Ciccione” dal suo primo allenatore Paul Hart a causa del suo fisico enorme più da rugbista che da calciatore, viene mandato via senza troppi rimpianti dalla dirigenza dei Forest che non gli rinnova il contratto che sarebbe scaduto l’anno seguente. Gli inizi nella città dei Kasabian sono molto difficili per Morgan: una squadra senza particolare identità ,con pochissime possibilità di andare in Premier League, e soprattutto la frustrazione per esser stato letteralmente “cacciato” dalla sua squadra del cuore. Eppure, come già scritto in apertura, la vita da a tutti una seconda possibilità: con la maglia dei Foxes nel giro di 2 stagioni e mezzo si guadagna il rispetto dei compagni, la fascia da capitano e la promozione in Premier League. A contornare il tutto ci pensa anche la nazionale Giamaicana: grazie all’origine dei nonni ottiene il passaporto che gli consente di rispondere alla chiamata dei “Reagge Boyz” nel 2013, riuscendo pure ad essere convocato per la Copa America e per la Gold Cup del 2015. Quest’anno, il secondo in Premier, la svolta con Claudio Ranieri in panchina: leader carismatico e capitano della difesa a quattro con Simpson, Huth e Fuchs e prossimo all’alzare la Premier League, se in queste ultime sei giornate tutto andrà bene.

La scorsa domenica la ciliegina sulla torta con il gol vincente contro il Southampton (il primo in campionato dopo 32 presenze). Ennesimo 1-0 (7° su 20 vittorie) che denota una certa solidità difensiva (4° difesa del torneo con 31 reti subite). Adesso, che i punti di vantaggio sul Tottenham sono 7 grazie al pareggio di quest’ultimi ad Anfield lo scorso sabato, servono almeno quattro vittorie per trasformare il sogno del Leicester in realtà. E dalle parti di Nottingham vedere quel “Ciccione” alzare il trofeo che loro non vincono da ben 38 anni non sarà proprio il massimo. Non ditelo neanche a Paul Hart, che invece quel trofeo non l’ha mai visto né in campo né fuori.