La quarta giornata di Serie A in cinque (s)punti

Prima che si torni in campo per la quinta giornata, analizziamo l’ultimo turno di Serie A in cinque punti.

1.PJANIC NON E’ UN REGISTA E VEDI UN PO’ SE ALLA FINE NON RISCHIA IL POSTO

Sta a vedere che alla fine ha ragione Allegri? Se c’è una cosa che il match di San Siro ha rivelato oltre alla vulnerabilità della Juventus è che l’ex Roma non ha i tempi del regista. O forse non ne ha la sfrontatezza. Il bosniaco contro l’Inter ha giocato davanti alla difesa interpretando il ruolo in maniera statica e compassata limitandosi a giocate orizzontali poco efficaci e prive di imprevedibilità. Una prestazione che alla fine si è rivelata insoddisfacente specialmente se confrontata con quella positiva fornita contro il Sassuolo dove il giocatore era risultato il vero uomo ovunque dei bianconeri. L’impressione, dopo le prime sei partite tra campionato e coppa, è che la Juve renda meglio quando nel ruolo di play c’è Lemina così come l’ex Roma riesce ad esprimersi al top (o comunque a qualcosa di simile) quando è libero di spaziare per il campo. In sostanza, come da sempre sostiene Allegri per l’appunto, quando si muove da mezzala. E attenzione perché questa è una cosa da non sottovalutare. Con il ritorno di Marchisio il ruolo da regista può considerarsi automaticamente assegnato. Un incontrista o comunque un uomo di rottura serve per ragioni di equilibrio. E qui si pensa automaticamente ad Asamoah. Khedira in questo momento è insostituibile a prescindere dalla prestazione negativa di Milano. Higuain fa turnover ma Dybala no. Insomma, siamo sicuri che alla fine Pjanic riuscirà a ritagliarsi un ruolo da protagonista in questa Juve?

2.MA ‘NDO VAI SE IL CENTRAVANTI NON CE L’HAI

L’Inter è trascinata da Icardi, il Milan da Bacca. Il Napoli da bomber Milik, a quota tre doppiette in sei partite: che impatto il suo! La Lazio si aggrappa anche ad Immobile, il Cagliari a Borriello, il Toro a Belotti (ieri assente per infortunio) ed il Sassuolo a Defrel. Insomma, è l’anno dei centravanti. Allora sarebbe curioso capire due cose. La prima è per quale motivo una squadra come la Roma, che sembra aver deciso di incentrare tutta la propria organizzazione tattica sul centravanti pivot, non abbia almeno una riserva di Dzeko che tanto lavoro fa per la squadra da arrivare poi così poco lucido quando c’è da battere a rete. La seconda invece riguarda la Juventus: alla quinta giornata di campionato, quando per altro devi incontrare l’Inter, è opportuno fare turnover e lasciare in panchina per 75’ Higuain dopo per altro averlo pagato 90 milioni? Ai posteri l’ardua sentenza;

3.UN NAPOLI NON HIGUAIN DIPENDENTE E’ MOLTO PIU’ PERICOLOSO

Se non fosse stato per il disastroso primo tempo di Pescara probabilmente ora la squadra di Sarri sarebbe in vetta alla classifica a punteggio pieno. Ma non è questo il dato più rilevante. Lo è invece il fatto che il Napoli senza Higuain sembra più squadra. La dipendenza dell’argentino costringeva gli azzurri a giocare quasi esclusivamente per il suo centravanti. Per carità, quando hai uno che fa 36 gol in un anno sarebbe in effetti difficile fare diversamente. Questo però spesso e volentieri finiva per far incartare i partenopei che a prescindere dalla trama della partita finivano sempre e comunque per recitare la stessa parte con fortune piuttosto alterne. La musica sembra invece ora decisamente cambiata. Adesso la squadra gioca per la squadra ed il risultato è che segnano un po’ tutti con Callejon e Milik sugli scudi. E come dice una vecchia pubblicità, due è sempre meglio di uno. Se poi si riuscisse a sbloccare anche Gabbiadini…;

4.IL GIORNO PRIMA TUTTI FENOMENI E IL GIORNO DOPO TUTTI BROCCHI…E VICEVERSA

A leggere i titoli dei giornali un giorno dietro l’altro per una settimana intera si finisce per diventare matti. Non si capisce più se quello che non capiva niente di calcio era De Boer o Allegri. Se il Napoli è cotto o meno, se l’Inter rischia la Serie B o è in corsa per lo scudetto, se la Juve è una macchina da guerra che deve puntare alla Champions oppure se è incompiuta, inadatta per il grande calcio europeo. E così via. Va bene vendere copie (beati gli altri) ma un po’ di coerenza non guasta mai;

5.LE STORIE DENTRO LE STORIE

Sono belle le storie dentro le partite di calcio. Ultima in ordine cronologico quella di Fabio Pisacane, terzino del Cagliari che ieri ha fatto il suo esordio in Serie A all’età di 30 anni, 7 mesi e 20 giorni. Quando militava nelle giovanili nel Genoa si svegliò un giorno completamente paralizzato: sindrome di Guillain-Barrè. Dopo diversi mesi riesce a guarire e torna a giocare. Rimane poi invischiato, mentre milita nel Lumezzane, in una storia legata al calcioscommesse. Ma lui è un protagonista positivo, uno di quelli che denuncia e non ci casca. Riferisce così agli organi competenti di un tentativo di combine, il che gli vale la nomina di “ambasciatore del calcio” dall’ex presidente Fifa Sepp Blatter e la convocazione a Coverciano insieme a Farina. Per non farsi mancare niente rimedia anche un brutto infortunio al ginocchio ai tempi della Ternana. L’esordio di ieri non è stato certo uno di quelli da tramandare ai posteri. Sul campo almeno. Perché le lacrime negli spogliatoi al momento delle interviste post partita sono da far vedere in tutte le scuole calcio del mondo per insegnare il senso di concetti quali coraggio, reazione, onestà, sacrificio e sogni che si realizzano.